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“Il barone rampante” è ambientato a Ombrosa, un paesino immaginario della Liguria e precisamente nel 1767 sviluppandosi in un arco di 53 anni. La storia è narrata attraverso dei flashback da Biagio, fratello del protagonista infatti il primo capitolo si apre con “Fu il 15 di giugno del 1767 che Cosimo Piovasco di Rondò, mio fratello, sedette per l’ultima volta in mezzo a noi“. Il periodo storico in cui si svolge la vicenda è quella dell’Illuminismo e della Rivoluzione, Cosimo, anche se ha iniziato questa nuova vita, non riuscirà a non essere coinvolto in questo nuovo movimento di pensiero, inizierà a leggere Voltaire e altri libri sull’argomento, a conoscere nuove persone e a rendersi utile e disponibile con loro diventando un giovane illuminato. Il lettore così pensa che alla fine il protagonista ha fatto questa scelta non per isolarsi dal mondo bensì per seguire una regola auto imposta per avere una propria individualità, indipendenza, pur continuando a essere partecipe della vita del suo paesino. Infatti se nel corso del libro Cosimo cresce e cambia il suo comportamento non si può dire lo stesso della sua controparte Viola che rimane statica e ferma nelle sue convinzioni mettendo in difficoltà lo stesso protagonista. Il genere del romanzo è tra il realismo, il fantastico, l’avventura e forse è per questa particolarità che mi è piaciuto molto e non l’ho trovato mai pesante come può accadere con altri classici. La scrittura scorrevole, precisa nelle descrizioni dei posti e nella caratterizzazione dei personaggi si legge in modo veloce. La mia versione del libro era quella che Calvino aveva pensato per i ragazzi con annesse illustrazioni molto belle e colorate. Calvino era uno scrittore che volevo recuperare da parecchio e finalmente mi sono decisa nel farlo e leggerò sicuramente gli altri due romanzi di questa trilogia.
Italo Calvino. Il barone rampante. Uno dei grandi capolavori della letteratura italiana del '900. È la storia di un uomo che ancora in giovane età fa una promessa. I suoi piedi non toccheranno mai più la terra. Perché? Perché mi chiedo io. Come atto di protesta? Forse. Come capriccio personale? Forse. Ma la mia chiave di lettura è un'altra. Citando un passaggio del libro: "Chi vuole guardare bene la terra deve tenersi alla distanza necessaria." Perché i problemi che la vita ci pone davanti vanno visti da diverse prospettive. Da diverse angolazioni. Con questo atto così ingenuo ma allo stesso tempo rivoluzionario Cosimo vuol far capire qualcosa al mondo. Non solo qualcosa di se stesso ma anche di qualsiasi altro essere umano. Rivoluzioniamo la nostra vita. Cambiamo il nostro essere ed il nostro pensiero. Poniamoci delle domande e cerchiamo ad esse le risposte. Non fermiamoci in un punto a marcire. O almeno questa è la mia interpretazione di ciò...
In volo verso le incognite dell'altrove piuttosto che abdicare al proprio cosmo di dentro.Il libro della solitudine può non essere di una pagina sola,può toccare,scorgendo il suo indice,interi elenchi di novità,esperienze,curiosità,aperture.E non è detto che le stanze di un albero siano meno invitanti delle mura domestiche quando la resina che scola dalle pagine è di cotanta poesia:"Lui che passava le notti ad ascoltare come il legno stipa delle sue cellule i giri che segnano gli anni nell'interno dei tronchi,e le muffe allargano le chiazze al vento tramontano,e gli uccelli addormentati dentro il nido in un brivido rincantucciano il capo là dove più morbida è la piuma dell'ala".Su quei solai rimarrà a vivere,ondeggiando via via tra peri e platani,ciliegi e magnolie;sarà lì che si scriverà la biografia della sua rivolta,perchè gli accadrà di tutto:conoscerà un bandito a cui si affezionerà davvero,leggerà come un affamato che non conosce sazietà(Lesage,Voltaire,Richardson),amerà toccando dell'amore la perdita e gli entusiasmi,gli erotismi quasi leggendari e i silenzi più puri,scriverà missive a mezzo mondo,spegnerà un incendio e ucciderà in duello,e avrà addirittura l'idea di costituire uno Stato fondato sugli alberi.Poi sentirà gli aliti poderosi dell'89 sfiorargli le narici,ma senza scatenarne mezzo soffio,almeno lì dove lui vive:"Non eravamo in Francia,e la Rivoluzione non ci fu.Viviamo in un paese dove si verificano sempre le cause e non gli effetti".Riceverà per questo persino la visita di Napoleone,ma i frutti di questi eventi daranno in fine la Restaurazione.Sarà questa somma di cose a fargli decidere per la fuga,via,sfruttando un colpo di vento che abbassa fino alla sua presa un pallone curioso.Scomparirà in mare,fino a morire a 65 anni.Cosimo è un Don Chisciotte riuscito,la bava della coerenza che non negozia e tollera risvegli,la difesa riuscita di valori perduti,derisi,che egli innalza a bandiera e onora fino alle ceneri di un addio scelto.Indimenticabile.
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