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La ballata di Johnny Sosa - Mario Delgado Aparaín - copertina
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Descrizione


Il nero Johnny Sosa vive a Mosquitos, una cittadina dell'Uruguay, con la sua fidanzata, la bionda Dina. Johnny conduce un'esistenza modesta ma sogna in grande: alimentato dal suo programma radiofonico preferito e dal blues a stelle e strisce, arde in lui il sacro fuoco dell'arte. La sua più fervida aspirazione sarebbe diventare come uno di quei cantanti americani che gli piacciono tanto, ma per il momento si accontenta della platea dello Chantecler, il bordello del posto, anche se Dina non pare esserne troppo contenta. Finché una mattina, a casa, spiando il mondo attraverso una fessura nel muro, vede una fila di camion: sono i soldati, che hanno occupato Mosquitos e tutto il paese. Da allora non si trasmettono più film western al cinema Daguerre e non si ascolta più musica straniera alla radio. E il nostro Johnny, sdentato, con la cinturona e gli stivali a punta, assomiglia più a un vecchio cowboy che a un cantante di bolero, come lo vorrebbero i militari, pronti a offrirgli una brillante carriera se accetta di cambiare vita. Ma non sarebbe come consegnare talento e libertà nelle mani della tirannia e vederli sparire nel nulla, proprio come è accaduto al suo vicino, il povero Nacho Silvera? La ballata di Johnny Sosa è una parabola contro tutte le dittature, un libro che invita a leggere a voce alta, un romanzo, come scrive Luis Sepùlveda nell'introduzione, «pensato da un poeta e allo stesso tempo un tenero poema epico».
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Dettagli

2009
123 p., Brossura
9788882469603

Valutazioni e recensioni

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whoframedrogerrabbit
Recensioni: 4/5

Buon libro, molto scorrevole. La storia forse si poteva sviluppare di più, ciò gli avrebbe permesso di assomigliare più a un romanzo che a un racconto lungo. Ad ogni modo, scritto davvero molto bene, merita.

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Voce della critica

Non si scorda facilmente il nero Johnny, protagonista di questo veloce e ben ritmato romanzo. Vive in una sperduta cittadina dell'Uruguay dove, insensibile al tango, rockeggia il sabato nel bordello locale, per la commozione di donnine e avventori, in un inglese storpiato e languidamente biascicato dalle sue gengive giovani, eppure già del tutto sdentate, o meglio "pelate come le ginocchia di un buon cattolico". Fasciato di nero lucido, con tanto di stivaletti e catena d'argento falso, percuote la sua Black Diamond o un bongo e nessuno gli resiste.
Poi arrivano i guai, in scarpe chiodate. Il primo segnale che qualcosa di strano sta accadendo è l'interrompersi del programma radiofonico preferito di Johnny: la biografia a puntate del cantante elvisiano Lou Brakley. I militari golpisti non si limitano a zittire l'emittente, ma occupano anche le case migliori cacciandone gli inquilini con l'accusa di avere idee traviate, deportano le maestre e perseguitano il venditore di hot dog Silvera per via del megastereo giapponese con cui capta le onde corte proibite.
Il nuovo ordine comprende anche il progetto di rispedire le zoccole in Brasile, offrendo all'ugola d'oro di Johnny ben altro pubblico: rieducato da un esperto, il nero canterà in spagnolo verace innocui boleros, sorridendo come si conviene nei festival televisivi. A tal fine, il dentista del reggimento gli modella una dentiera smagliante. Johnny dapprima accetta, per far contenta l'amata Dina la Bionda, poi però non regge alla prospettiva di diventare un "vitello a due teste", un fenomeno da baraccone del regime, e ripiomba nel caro postribolo, ormai prossimo alla chiusura, per eseguire il più viscerale dei suoi blues. Braccato dagli sgherri, gli lascia chitarra e dentiera e fugge per i campi, concedendosi infine un ampio sorriso scuro alla faccia di chi voleva cambiargli connotati e repertorio.
Durante la dittatura militare, quasi tutti gli scrittori uruguayani (cominciando dai più noti: Eduardo Galeano, Juan Carlos Onetti e Mario Benedetti) conobbero le persecuzioni, l'esilio, il carcere o il silenzio. Molti anche detenzioni inumane e tortura, come raccontano Mauricio Rosencof ed Eleuterio Fernández Huidobro in Memorie dal calabozo. 13 anni sottoterra (Iacobelli, 2009). Mario Delgado Aparaín, nato a Florida nel 1949, girava la provincia come giornalista, incontrando i personaggi dei suoi solidi racconti e romanzi. Di lui Guanda ha già pubblicato Una storia dell'umanità (1999) e I peggiori racconti dei fratelli Grimm (2005), quest'ultimo scritto in tandem con Luis Sepúlveda, che firma qui un'affettuosa premessa alla benvenuta riedizione (era già uscito per Anabasi nel 1994) dal primo eccellente romanzo, una modesta e ironica ballata sulla lealtà e la dignità.
Oltre a Johnny, se la svigna anche il salcicciaio Silvera, che girerà l'America del Sud raccontando le mille storie di oppressione e resistenza con un teatrino di burattini fatti di zucche. Due gran bei tipi che non sono eroi, ma non ce la fanno proprio a chinare la testa.
Danilo Manera

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