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Recensioni Baionette a Lhasa. L'invasione britannica del Tibet

Recensioni: 5/5

«Il ritmo mozzafiato di un thriller in un dramma che ha per protagonista la storia» - The Guardian

«Ian Fleming ideò l’agente segreto più famoso del mondo ispirandosi alla vita del fratello maggiore. brillante, elegante, impavido, esploratore, eroe di guerra: il modello perfetto per la spia» - Gente

«Scrittore gradevolissimo, Peter Fleming combina l’eleganza della sua prosa con una documentazione di prim’ordine, alla quale attinse anche grazie alla rete di conoscenze realizzatasi negli anni di Eton e Oxford» - la Stampa

«Baionette a Lhasa è un libro che ha tre straordinari motivi di interesse. Il primo è il suo protagonista, il capitano, promosso per l'occasione colonnello, Francis Younghusband che guidò l'invasione inglese del Tibet nel 1903. Il secondo è la politica britannica, responsabile di un colossale pasticcio diplomatico militare. Il terzo è l'autore del libro, Peter Fleming. Procediamo per ordine» - il Giornale

L'invasione del Tibet nel 1904 è uno degli avvenimenti più incredibili della storia imperiale britannica. Concepita da Lord Curzon come una mossa strategica all'interno del Grande Gioco - il colossale scontro in atto fra Londra e la Russia zarista per il dominio dell'Asia centrale - fu condotta maldestramente e sulla base di debolissime motivazioni. Guidata da Francis Younghusband, soldato, esploratore e mistico, la missione politico-militare incappò nel fuoco diplomatico incrociato della Cina e della stessa diplomazia inglese e terminò nella vergogna e nel risentimento misto a disgusto dello stesso Younghusband. Nel ricostruire questa avventura e i suoi protagonisti, a volte carismatici, spesso grotteschi, Peter Fleming illumina quello che oggi è visto come un momento chiave in quel Grande Gioco i cui echi continuano ancora a risuonare all'interno del suo spazio geopolitico. Lo fa, come egli stesso racconta, "dall'interno", e non semplicemente da storico. Scolpisce una trama colma di sentimenti umanissimi: l'ammirazione per l'imponenza dei monasteri, lo spaesamento di fronte alla vastità degli altipiani, la paura dell'incontrollabilità della natura. Il tutto con una lingua colta e fiorente di citazioni letterarie (Shakespeare su tutti). Perché, eccezion fatta per i suoi attori principali, nessuno come lui può vantare una conoscenza di prima mano, frutto di viaggi, vagabondaggi, esplorazioni, di quel centro-Asia fatto di altipiani e montagne, monasteri buddisti e laghi salati, venti aspri, pony dal pelo scarruffato, gente rozza, voci che girano intorno ai fuochi di sterco di yak...

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