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L'azione organizzativa - James D. Thompson - copertina

Dettagli

2012
31 dicembre 2012
Libro tecnico professionale
336 p.
9788880081784

Voce della critica


(recensione pubblicata per l'edizione del 1988)
recensione di Bonazzi, G., L'Indice 1989, n. 7

Nella storia del pensiero organizzativo quest'opera di James Thompson (1967) può essere considerata come un varco che conduce dal passato prossimo al presente tuttora 'in fieri': teoria della dipendenza dalle risorse, economia dei costi di transazione, ecologia delle popolazioni organizzative, "Interlocking Directorates". Sull'importanza e l'attualità di Thompson concorda anche Bruno Maggi che presenta la traduzione italiana (anche se poi Maggi un tantinello esagera: non è vero che tutti gli autori fioriti dopo Thompson si limitino a ripetere cose che lui aveva già detto). Ciò che rende importante Thompson è il fatto di avere dato soluzione a un problema rompicapo che negli anni sessanta affliggeva il dibattito organizzativo. Il problema era stato impostato con chiarezza da Gouldner nel 1959, e riguardava la contrapposizione tra modello razionale e modello naturale di organizzazione. Sono due modelli che risalgono, si può dire, ai primordi del pensiero organizzativo, che più volte si è cercato di conciliare, ma dei quali fino a Gouldner non si era mai compresa completamente la radicale, reciproca incompatibilità.
Il modello razionale concepisce l'organizzazione come un sistema chiuso, che funziona in base ad alcune variabili conosciute e controllate e che contempla strategie orientate a garantire prestazioni regolari e costanti. Esempi tipici di modello razionale sono il taylorismo, la scienza del 'management', ma anche la teoria della burocrazia costruita da Weber. Non è un caso, nota Thompson, se la maggior parte della letteratura sul 'management' ruota intorno a concetti come pianificazione e controllo.
Il modello naturale concepisce invece l'organizzazione come un sistema aperto, influenzato dai soggetti che vi operano e dall'ambiente esterno. Esso suggerisce strategie di adattamento e di sopravvivenza come se l'organizzazione fosse un organismo vivente alle prese con le incertezze create da una molteplicità di variabili non completamente note. Esempi tipici di modello naturale sono il sistema informale di fabbrica studiato dalle Relazioni Umane, ma anche qualsiasi organizzazione obbligata ad adattarsi alle pressioni di un potere esterno (il riferimento più noto è la Tennessee Valley Authority di cui Selznick studiò i compromessi a cui era costretta dal potere politico locale).
Gouldner aveva dimostrato che un ricercatore rigoroso quando sceglie uno dei due modelli non può che escludere l'altro. Allo stato delle conoscenze disponibili negli anni cinquanta, tentare di tenerli insieme non poteva produrre che pasticci teorici. Al tempo stesso però, Gouldner aveva sottolineato che il problema aperto negli studi organizzativi era proprio quello di pervenire ad un nuovo modello capace di operare una sintesi dei due, fino ad allora contrapposti. Ma come era possibile conciliare un modello che concepisce l'organizzazione come un sistema chiuso regolato dal principio di massimizzazione dell'efficienza, con un modello antitetico secondo cui l'organizzazione è un sistema aperto che si barcamena nell'ambiente secondo criteri di razionalità limitata? Il tentativo viene compiuto da Thompson limitatamente alle organizzazioni di profitto (imprese) in quanto egli suppone che siano le più tipicamente orientate a criteri di razionalità.
La proposta di Thompson consiste nel concepire l'organizzazione come composta da tre distinti livelli analitici: uno interno, uno intermedio ed uno esterno. Nel cuore dell'organizzazione sta il "nucleo tecnico" che ha il compito di fornire prestazioni regolari e costanti e che funziona secondo la logica della massima razionalità in condizioni di certezza (tipicamente le operazioni di routine). È al nucleo tecnico che possono essere attribuiti i requisiti del sistema chiuso. La sua efficacia è tanto maggiore quanto più esso è "sigillato" rispetto ai turbamenti esterni, ossia protetto dai problemi riguardanti l'acquisizione delle risorse ed il collocamento di ciò che produce. All'esterno del nucleo tecnico ci sono le altre due componenti dell'organizzazione, che possiedono invece i requisiti del sistema aperto e che operano secondo i criteri simoniani della razionalità limitata. Sul confine con l'esterno vi è il livello istituzionale, dove l'organizzazione si confronta continuamente con le sfide ambientali, e dove quindi sviluppa strategie di sopravvivenza, di adattamento e di competizione.
In una posizione intermedia si colloca il livello manageriale che svolge un compito di mediazione tra il livello strategico esterno ed il nucleo tecnico: da un lato raddrizza le irregolarità provenienti dalle fonti esterne di incertezze e dall'alto preme sul nucleo tecnico per ottenere delle modifiche al mutare delle condizioni esterne.
Concependo l'organizzazione come composta da tre livelli, o strati concentrici (la metafora potrebbe essere un frutto con il nocciolo duro, la polpa e la buccia), Thompson riesce a ricomprendere in un solo schema due principi che fino allora apparivano incompatibili. Ma la sua operazione non si riduce ad un semplice assemblaggio di parti. La novità teorica della proposta consiste nel riconoscere che all'interno dell'organizzazione esiste un nucleo che opera secondo criteri non simoniani di massima razionalità; ma che tale nucleo è solo un sottoinsieme, inserito in (e sussunto da) un sistema aperto all'ambiente e che opera secondo una più vasta logica organizzativa ispirata ai criteri della razionalità limitata. Questa costruzione consente a Thompson di predicare almeno due proprietà alla logica organizzativa. La prima è che essa procede secondo criteri il più possibilmente razionali (massima certezza di obiettivi e di metodi), ma quando questi criteri vengono a mancare la logica organizzativa non smette di funzionare: semplicemente scende al livello immediatamente inferiore di certezza. La seconda proprietà è che la logica organizzativa si pone come compito costante quello di garantire le condizioni di massima stabilità operativa al nucleo tecnico.
Il modello consente a Thompson una lettura unificante di vari fenomeni organizzativi: apparati logistici e tecnici, provvedimenti amministrativi, fino alle strategie del 'top management' vengono tutti visti come istituti orientati a controllare le possibili fonti di incertezza. Questi istituti possono essere decifrati secondo una 'escalation' che va da misure limitate e ordinarie a misure sempre più critiche e globali, man mano che sale la soglia dell'incertezza da controllare. Esemplificando, si può andare da dispositivi amministrativi che funzionano da "polmoni" per assorbire le variazioni esterne, a provvedimenti per anticipare o adattarsi a mutamenti esterni del mercato, fino al controllo strategico delle fonti di incertezza esterne. In tal modo anche le politiche di 'lobby', volte a condizionare le decisioni governative vengono concettualmente ricondotte alla stessa funzione di controllo dell'incertezza esterna a cui provvede, nell'amministrazione quotidiana una buona politica di stoccaggio.
Tra le conseguenze teoriche di questa operazione due meritano di essere sottolineate anche nel breve spazio di una recensione. La prima è che viene fondato in modo convincente un fenomeno già osservato empiricamente, e cioè l'esistenza nella stessa organizzazione di mondi separati, orientati da logiche tra loro differenti e tendenzialmente conflittuali (es. il mondo della produzione, del 'marketing', delle P.R.). La seconda conseguenza è che Thompson propone in sostanza di interpretare l'attività complessiva delle organizzazioni economiche come rivolta non tanto a massimizzare il profitto quanto piuttosto il controllo delle fonti di incertezza. Il profitto viene declassato da fine a strumento, mentre assume un'importanza strategica lo "slack" organizzativo, ovvero la disponibilità sovrabbondante di alcune risorse critiche. Questa conclusione non contrasta con l'osservazione che le imprese cercano anche flessibilità. Certezza e flessibilità non sono che due aspetti della medesima logica organizzativa. Ciò appare chiaro se si considera il comportamento amministrativo come un processo che avviene nel corso del tempo e che coinvolge tutti i livelli gerarchici: "Il paradosso dell'amministrazione, la doppia ricerca di certezza e di flessibilità, scrive Thompson, ruota in gran parte intorno alla dimensione temporale. Nel 'breve termine' l'amministrazione cerca la riduzione o l'eliminazione dell'incertezza al fine di avvantaggiarsi sul piano delle valutazioni della razionalità tecnica. Nel 'lungo termine' è probabile invece che l'amministrazione si sforzi di raggiungere la flessibilità attraverso la libertà dall'impegno - ciò che viene detto slack -; infatti maggiore è il fondo di capacità non impegnato e maggiore sarà la sicurezza dell'organizzazione di potersi autoregolare in caso di incertezza futura" (p. 275).
Per quanto scritte nei lontani anni sessanta, sono come si vede osservazioni ancora ben attuali nel dibattito che oggi ferve sui rapporti tra tecnologia e flessibilità. Ottima iniziativa quindi la traduzione di Thompson in italiano, ed utile è anche la lunga analisi di inquadramento storico in cui Maggi sottolinea (ed enfatizza) i debiti che i successivi sviluppi dell'analisi organizzativa hanno nei confronti di Thompson.
Peccato purtroppo che la traduzione, con vistosi errori di stampa, alcune infedeltà e sciattezze non sia sempre all'altezza. Ci limitiamo a segnalare 'buffer', tradotto come 'sbarramento' quando bastava consultare l'Oxford Dictionary per apprendere che si tratta di un "apparato meccanico per attenuare la forza di un urto": 'polmone', parola usatissima anche nelle fabbriche italiane, era probabilmente il termine più appropriato. 'Long-linked technology', tradotta con un pesante 'tecnologia per concatenamento', quando in italiano esiste 'tecnologia a collegamento lineare'. 'Inspirational strategy', reso con una 'strategia di intuito', che impoverisce la ricchezza inquietante dell'ispirazione dentro la razionalità. E infine 'task environment' e 'slack' lasciati in inglese così com'erano, senza nemmeno una nota che cerchi di spiegare in italiano il significato non immediato di questi termini tecnici.

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