Chiudi

Aggiungi l'articolo in

Chiudi
Aggiunto

L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri

Chiudi

Crea nuova lista

L' avventura di uno spettatore. Italo Calvino e il cinema - copertina
L' avventura di uno spettatore. Italo Calvino e il cinema - copertina
Dati e Statistiche
Wishlist Salvato in 7 liste dei desideri
L' avventura di uno spettatore. Italo Calvino e il cinema
Disponibilità immediata
14,72 €
-5% 15,49 €
14,72 € 15,49 € -5%
Disp. immediata
Chiudi
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
ibs
14,72 € Spedizione gratuita
disponibilità immediata disponibilità immediata
Info
Nuovo
Libro Co. Italia
15,49 € + 2,90 € Spedizione
disponibile in 2 giorni lavorativi disponibile in 2 giorni lavorativi
Info
Usato Usato - Come Nuovo
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
ibs
14,72 € Spedizione gratuita
disponibilità immediata disponibilità immediata
Info
Nuovo
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
Libro Co. Italia
15,49 € + 2,90 € Spedizione
disponibile in 2 giorni lavorativi disponibile in 2 giorni lavorativi
Info
Usato Usato - Come Nuovo
Chiudi

Tutti i formati ed edizioni

Chiudi
L' avventura di uno spettatore. Italo Calvino e il cinema - copertina

Dettagli

1990
1 gennaio 1990
177 p., ill.
9788877660817

Voce della critica


recensione di Patrizi, G., L'Indice 1990, n. 7

Accanto alle più recenti discutibili iniziative editoriali appaiono, perfortuna, volumi dedicati a serie e originali ricognizioni dell'opera di Calvino. Al rapporto di questi con il cinema sono destinati gli interventi e le testimonianze raccolte da Lorenzo Pellizzari, frutto di uno dei Colloqui calviniani organizzati, ormai da alcuni anni, a San Giovanni Valdarno.
"Pathos della distanza" è una formula nietzschiana che nei primi anni cinquanta Cases usava a proposito del Calvino della trilogia dei "Nostri antenati". E certo non si poteva immaginare definizione più felice per tutto ciò che Calvino è andato scrivendo e teorizzando negli ultimi quindici anni del proprio lavoro; non è un caso quindi se è proprio quella formula a ritornare con insistenza nelle pagine di questi saggi che hanno il principale, ma non unico, merito di delineare un campo di interesse e di attività di Calvino e approntare un primo regesto delle sue riflessioni e dei suoi interventi in proposito. Il volume dunque potrebbe essere propedeutico ad una raccolta degli scritti calviniani su e per il cinema; ma, come si sa, non sempre le esigenze culturali coincidono con i progetti dei grandi editori.
Dunque la "distanza" sembra essere la cifra più specifica del rapporto tra Calvino e il cinema; rapporto più ricco di quanto si pensi anche se il grande pubblico dei lettori di Calvino ignora i suoi numerosi interventi su "Cinema Nuovo" degli anni cinquanta e i rari ma importanti esempi di film tratti da racconti calviniani. Cosa si debba intendere per "distanza" lo indica molto chiaramente Goffredo Fofi nell'introduzione, quando individua ciò che Calvino ha tratto dal cinema in due elementi: un'idea "strutturalista " del racconto come combinazione di eventi e personaggi che sono fondamentalmente gli stessi (ciò che Calvino scoprirà anche nelle fiabe e da cui ricaverà una teoria del narrare come processo combinatorio, quale, ad esempio, enuncia con determinazione in uno scritto del' 67) e il privilegio del racconto d'avventure di cui lamenta la mancanza nella tradizione letteraria italiana e che invece a suo parere può costituire il modello per una letteratura autenticamente popolare.
È proprio attorno a questi due temi che cresce la fascinazione che subisce dal cinema, da quello americano degli anni trenta soprattutto. Dal cinema come arte "visionaria" Calvino ricava le suggestioni più inquietanti: come scrive Antonio Costa, c'è un determinante condizionamento cinematografico in quello immaginazione tutta visiva che andrà sempre più affermandosi nelle prospettive geometriche dell'ultimo Calvino, in quelle visuali minime, eppure amplissime, in cui concentrare lo sguardo la memoria il racconto.
"Palomar", per intendersi, è il frutto di quest'ultima spiaggia della narrazione a cui approda il progressivo rifiuto per le forme canoniche del raccontare - o riconoscimento dell'impossibilità di continuarle -: ridotto ad un puro occhio che scruta il micro come il macrocosmo, il signor Palomar, uomo-osservatorio, sancisce il primato del guardare come forma di conoscenza e del descrivere ciò che osserva come sola forma della scrittura ancora possibile, in un universo in cui sembra essersi smarrita qualsiasi forma di sistematicità.
Ma ancora la "distanza" che Calvino riconosce nel cinema è quella necessaria a filtrare l'esperienza emotiva o addirittura autobiografica che è alla base di qualsiasi 'fiction': cinema allora come "meraviglioso", dell'avventura e della fantasia e come forma moderna di melodramma, capace di restituire in efficacissime allegorie i drammi, le tensioni delle storie. È messo lucidamente in rilievo tutto ciò al saggio di Michele Canosa che si conclude sullo scritto che Calvino dedica, su "Cinema Nuovo" nel '59, all'"Infernale Quinlan* di Orson Welles, letto come una allegoria del potere fondato sulla violenza e sull'arbitrio, insomma dello stalinismo: "Welles è il primo - scrive Calvino - che finora abbia tentato di sgarbugliare il romanzo d'appendice nel quale è racchiusa la tragedia dei nostri tempi". Canosa si sofferma anche sull'importanza che, negli scritti calviniani, è riconosciuta al pubblico delle sale cinematografiche e a quella condizione collettiva in cui si compie la "lettura " del film; è da questa condizione che nasce lo statuto del cinema come arte popolare e ad essa vanno riferiti sia i tentativi di coniugare cinema e letteratura sia l'attribuzione, ai due linguaggi specifici, di medesime categorie. E pone, così, Calvino la "vexata quaestio" del realismo: al di là delle scelte personali, si tratta per il cinema e per la letteratura di arrivare al pubblico più vasto con un linguaggio capace di far pensare ma anche di affascinare: ritorna la rivendicazione di un cinema d'avventure, che sa parlare alle masse per tutto quello che esso è: "tecnica e baraccone, volgarità e sapienza raffinata, avventura per chi lo fa e per chi lo vede ". Gli ossimori calviniani, i procedimenti di congiunzione degli opposti a cui ci ha abituato la sua scrittura, fioriscono numerosi nelle riflessioni sul cinema. Quello che attrae Calvino è la sua "realisticità" sottolinea Luca Clerici, che analizza il rapporto tra cinema e letteratura la sua popolarità; eppure è proprio da queste prospettive che via via si va allontanando il lavoro dello scrittore. Ma se è vero, come afferma Pellizzari, che anche alla base del miglior cinema neorealista c'è un elemento fiabesco, Calvino se ne dimostra ben consapevole, sia nell'approccio al cinema, sia in quello alla letteratura, se pensiamo ad un romanzo come "Il sentiero dei nidi di ragno". La bibliografia calviniana sul cinema, che completa il volume, testimonia proprio questa vocazione: l'attenzione all'esistente si nutre del meraviglioso, la fantasia non essendo che una scorciatoia della ragione.

Leggi di più Leggi di meno
Chiudi
Aggiunto

L'articolo è stato aggiunto al carrello

Chiudi

Aggiungi l'articolo in

Chiudi
Aggiunto

L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri

Chiudi

Crea nuova lista

Chiudi

Chiudi

Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.

Chiudi

Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore