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Vivere, sopravvivere e rivivere. Una testimonianza che ci mostra che l'essere umano può non solo sopravvivere al peggio, ma rivivere senza limiti.
«Coltivare la memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l'indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare.» – Liliana Segre
«In un momento storico in cui stiamo assistendo a fenomeni di odio e di intolleranza, testimonianze come quella di Élie Buzyn assumono un'importanza fondamentale» – dall'introduzione di Dario Disegni
Agosto 1944. Dopo un'infanzia felice in Polonia, Élie Buzyn, a 15 anni, subisce l'indicibile: la deportazione, l'assassinio dei suoi famigliari, Auschwitz e poi la marcia della morte fino a Buchenwald. 11 aprile 1945. Il campo viene liberato: e ora? Come tornare alla vita? Guidato dalle voci del passato, Élie ricostruisce altrove ciò che è stato distrutto. Da Buchenwald alla Palestina, all'Algeria e infine alla Francia, il ragazzo compie il suo viaggio di ritorno dalla morte alla vita. Élie studia, si laurea in medicina, ricomincia a vivere un'esistenza piena e ricca, dedicata soprattutto a coloro che i nazisti avevano perseguitato: testimoni di Geova, malati psichiatrici, persone anziane, tra gli altri. E dopo tanti anni, tante esistenze salvate come medico, un giorno Buzyn capisce che è arrivato il tempo di testimoniare. «Dimenticare il passato significa incoraggiare la sua ripetizione in futuro»: questa frase, estratta dalla prefazione del suo libro, riassume il compito che Élie Buzyn si è dato. Élie testimonia ancora e ancora, a più di 90 anni, davanti agli studenti per trasmettere questo ricordo alle giovani generazioni, mentre l'antisemitismo, il revisionismo e il negazionismo rimangono drammaticamente vivi. E attraverso la sua testimonianza ci mostra che l'essere umano può non solo sopravvivere al peggio, ma rivivere senza limiti: è diventato maratoneta e ricorda con orgoglio quando, nel 2006, ha portato la fiamma olimpica.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Élie Buzyn aveva solo 15 anni quando fu deportato ad Auschwitz con i suoi genitori, sua sorella e suo fratello. Sì, la sua è una testimonianza come ne conosciamo altre, ma credo che quella di Élie sia diversa dalle altre, perché spiega molto bene i motivi per cui la conservazione della memoria per le generazioni future sia così importante. ⠀ “Il progetto di raccontare il mio vissuto non è casuale. Si è imposto strada facendo, sul filo dei miei frequenti incontri in luoghi diversi, in particolare con studenti d’ogni grado. Anche accompagnare da più di dieci anni dei gruppi ad Auschwitz ha giocato un ruolo fondamentale nella mia presa di coscienza sull’utilità di una testimonianza scritta. Non ultimo, il fatto che recentemente alcune voci dei miei compagni di deportazione si sono zittite per sempre. [...] Perché va da sé che ben presto non ci sarà più nessun ex deportato vivente, per testimoniare di fronte alle nuove generazioni.” ⠀ Mi ha colpito molto il suo modo di percepire questa tragica esperienza, mi è sembrata diverso da quelli che ho letto finora, e mi ha ricordato l’importanza che abbiamo nella conservazione della memoria. Ora più che mai, forse, “in un momento storico in cui stiamo assistendo sbigottiti alla crescita impressionante di fenomeni di razzismo, antisemitismo, di odio e di intolleranza verso i “diversi”, testimonianze come quella di Élie [..] assumono un’importanza fondamentale”, come afferma Dario Disegni nell’introduzione. E allora ricordiamo, ricordiamo sempre.
Parlare di un tema così tragico e cupo in un modo non troppo pesante non è facile. Ma lo stile di questo libro è semplice e comprensibile per tutti. Spiega la pagina più tragica della storia umana senza appesantire la lettura. In questo libro, più che lo sconforto che si potrebbe immaginare, si percepisce una grande speranza e una fortissima voglia di sopravvivere, e, dopo, di ricominciare a vivere ma senza dimenticare. Infatti, un'altra cosa importante di cui il libro parla è l'importanza della memoria e del non dimenticare.
Recensioni
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