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Attese - Elena Loewenthal - copertina
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Attese - Elena Loewenthal - copertina
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Descrizione


Un velo bianco unisce le storie di tre donne appartenenti alla stessa famiglia ebraica, attraversando il Novecento e le sue immani tragedie fino ai giorni nostri. Il velo con cui Rebecca, poco più che bambina, si copre il volto prima di incontrare Isacco, il suo futuro sposo. Il velo altrettanto candido che l'anziana Claudia, consacratasi a ricamare una tovaglia che festeggerà la futura morte di Hitler, indossa per commemorare i suoi famigliari mentre scompaiono uno dopo l'altro durante le persecuzioni naziste. E infine il velo nel quale Elvira e il suo amato custodiscono una manciata della Terra Promessa. È lo stesso velo che un giovane rabbino tiene tra le mani a Venezia, mentre attende giorno dopo giorno, con fede incrollabile, l'arrivo del Messia.
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Dettagli

2006
Tascabile
5 aprile 2006
202 p., Brossura
9788845256325
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Indice


Le prime frasi del romanzo:

È un pezzo di stoffa. Fibra di lino ruvida e poi, a poco a poco, sgualcita dal tempo che passa. Non ha colore, ombra e luce soltanto carpisce dalle mani che sfiorano, prendono, toccano, muovono. Un intreccio sottile ma robusto, trama e ordito infinite volte.
E il vento caldo del deserto che l'avvolge, sospira da un lembo che vola per aria, accarezza come in un gesto d'amore sorpreso.
E il freddo d'inverno che raggela ogni piega, dentro un armadio buio ad aspettare che tutto passi.
E la nebbia che pare umore di terra in pianura, fra le zolle gonfie d'acqua e un cielo smarritosi troppo in basso, lo intride. Di dolore e di speranza.
E un'acqua a mezza strada fra il dolce e il salmastro, torbida e pigra, che pure lo lascia galleggiare come sopra un limo gentile.

Aria

"Chi è quell'uomo?"
Sera rossa e un'ombra lontana, ma forse meno di quanto non sembri, che avanza dall'orizzonte dentro la terra con un'andatura appena ciondolante. Non per stanchezza, ma connaturata alla sagoma.
"È Isacco, il mio padrone. Colui che sta per diventare tuo sposo".
Rebecca sorrise, si voltò per un impercettibile momento, sorrise con gli occhi e non più soltanto con le labbra, prese il velo e si coprì. Aveva la faccia scura di sole e di viaggio, e mani piccole, ancor più bambine di lei.
Il cammello si issò faticosamente sulle quattro zampe, tremolando a lungo sulle ginocchia su cui s'era appoggiato per far scendere la ragazza. Nella terra secca rimasero due impronte infossate, e una figura di fumo nell'aria ancora trasparente del tramonto. Quando la voce di Rebecca tacque, le fece eco il tintinnio dei braccialetti alla caviglia, in uno slancio verso l'orizzonte, e la figura, e quel nome già udito tante volte, ma mai da lui.

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Fabrizio Porro
Recensioni: 5/5

E'possibile avere nostalgia delle vite ancora da vivere,e sentire il profumo dei deserti mediorientali a Venezia,la città piu' umida del mondo? La Loewenthal sa che,custoditi nell'anima,il tempo e lo spazio non hanno confini.Sa anche,per contro,che gli oggetti, tutti gli oggetti della nostra vita-un lembo di stoffa nascosto da anni in un armadio,un mucchietto di sabbia raccolto in un fazzoletto- conservano per sempre la memoria.Viviamo circondati da oggetti che conservano la memoria e in attesa di un evento, o di una persona che potrà cambiare la nostra vita, e magari l' annullerà, rivelandoci la prospettiva che i nostri occhi,aperti alla vita, e chiusi al mistero,non possono scorgere.Ma,intanto,come amiamo la vita!Come amiamo le sue case,i suoi mobili,i suoi oggetti,le sue stanze!Come amiamo chi ci ama!E chi sta per nascere, e chi ci lascia!Credo che appartenga alla sensibilità ebraica piu'profonda,quella dell'attesa,piu' che a ogni altra anima.Quest'ansia dell'attesa, intrisa di tempo, combattuta dalla memoria. La Loewenthal,infatti,comincia da molto lontano- con il rifacimento leggero di due racconti biblici-il matrimonio di Rebecca,il figlio che desidera Tamar.Ma poi,sapendo di potersela concedere tutta questa licenza, ci trasferisce nel pieno delle vicende di una famiglia ebraica torinese ai primi del Novecento.Di li',passa a Mantova,dove propaggini di questa famiglia subiranno le leggi razziali,la deportazione ad Auschwitz.E finisce a Venezia,dove si sente il profumo del deserto biblico,e una giovane donna «moderna» affacciandosi alla finestra del suo nuovo appartamento,davanti al ponte che conduce al ghetto, nel giovane ebreo che lavora il vetro,forse vede l'uomo che attende.Profumi inimitabili di case ebraiche, straordinarie figure femminili.La Loewenthal conosce ogni granello di polvere che il tempo accumula e disperde, non teme di partire da lontano.Si direbbe che la lontananza sia imprescindibile per i suoi personaggi e per la sua scrittura bella, intensa

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Fabrizio Porro
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E'possibile avere nostalgia delle vite ancora da vivere,e sentire il profumo dei deserti mediorientali a Venezia,la città piu' umida del mondo? La Loewenthal sa che,custoditi nell'anima,il tempo e lo spazio non hanno confini.Sa anche,per contro,che gli oggetti, tutti gli oggetti della nostra vita-un lembo di stoffa nascosto da anni in un armadio,un mucchietto di sabbia raccolto in un fazzoletto- conservano per sempre la memoria.Viviamo circondati da oggetti che conservano la memoria e in attesa di un evento, o di una persona che potrà cambiare la nostra vita, e magari l' annullerà, rivelandoci la prospettiva che i nostri occhi,aperti alla vita, e chiusi al mistero,non possono scorgere.Ma,intanto,come amiamo la vita!Come amiamo le sue case,i suoi mobili,i suoi oggetti,le sue stanze!Come amiamo chi ci ama!E chi sta per nascere, e chi ci lascia!Credo che appartenga alla sensibilità ebraica piu'profonda,quella dell'attesa,piu' che a ogni altra anima.Quest'ansia dell'attesa, intrisa di tempo, combattuta dalla memoria. La Loewenthal,infatti,comincia da molto lontano- con il rifacimento leggero di due racconti biblici-il matrimonio di Rebecca,il figlio che desidera Tamar.Ma poi,sapendo di potersela concedere tutta questa licenza, ci trasferisce nel pieno delle vicende di una famiglia ebraica torinese ai primi del Novecento.Di li',passa a Mantova,dove propaggini di questa famiglia subiranno le leggi razziali,la deportazione ad Auschwitz.E finisce a Venezia,dove si sente il profumo del deserto biblico,e una giovane donna «moderna» affacciandosi alla finestra del suo nuovo appartamento,davanti al ponte che conduce al ghetto, nel giovane ebreo che lavora il vetro,forse vede l'uomo che attende.Profumi inimitabili di case ebraiche, straordinarie figure femminili.La Loewenthal conosce ogni granello di polvere che il tempo accumula e disperde, non teme di partire da lontano.Si direbbe che la lontananza sia imprescindibile per i suoi personaggi e per la sua scrittura bella, intensa

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Massimo
Recensioni: 3/5

Elegante e molto “intimo” (forse un po’ sommesso) questo romanzo della Loewenthal. La memoria è il filo conduttore di tutto: dolore, amore, passione, vita e morte. E quando si parla di “memoria” l’autrice sa sicuramente il fatto suo: eccola allora condurci per mano, con discrezione e leggerezza, lungo una storia raccontata da… un velo. Da leggere: per rilassarsi e pensare.….

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La recensione di IBS


"Lasciò le pesanti forbici sul tavolo e, con lo stesso gesto, abbandonò anche il pezzo di velo tagliato. L'aveva guardato a lungo, prima, misurando con il pollice e con il mignolo la lunghezza da togliere al suo lutto. E poi...un colpo netto, metallico. Un'unica sforbiciata per tutta la larghezza del tessuto, accompagnata dal rumore acido delle due lame insieme, in fondo al quale - giunte che furono all'ultimo incrocio di trama e ordito - cigolava un'eco di ruggine."

Il tempo, una cornice di atmosfera e di memoria, nel romanzo di Elena Loewenthal Attese scandisce la vita femminile con ritmi imprevedibili, a volte convulsi a volte rarefatti, assecondando lo sciogliersi o il prolungarsi delle attese: attese che non sono mai passive, ma desideri che prendono a poco a poco consapevolezza di sé, promesse di un destino che si compirà con pienezza solo a prezzo di dolore.

Icona della cultura ebraica italiana, Elena Loewenthal compie un percorso che, pur storicamente costruito attorno a protagoniste ebree, travalica ogni confine per farsi intimamente femminile. Sono storie di donne dai templi biblici ad oggi, che si tramandano la sapienza dell'attesa attraverso un velo: è il velo sotto il quale si cela Rebecca al suo incontro con Isacco e si cela Tamar per avere un figlio da Giuda; è il velo della romantica nonna di Claudia che fugge dal ghetto per amore e di cui Claudia s'ammanta nella vedovanza, accorciandolo man mano che la vita riprende il suo corso; la levatrice Emilia lo riceve per farne pannicelli da neonato, ma suo marito lo destina a rivestire cuscinetti funebri, resi inutili dallo sterminio della Shoà. Da una generazione all'altra, infine ricompare nell'armadio di una ragazza dei nostri giorni, per la quale l'attesa non è più necessariamente legata a un uomo, ma prima di tutto a una realizzazione personale.

La scrittura, forte e poetica, incide nel lettore complici emozioni.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Elena Loewenthal

1960, Torino

Narratrice e studiosa di letteratura ebraica, lavora da anni sui testi della tradizione ebraica, attività che le è valso nel 1999 un premio speciale da parte del Ministero dei Beni Culturali. Collabora regolarmente con "La Stampa" e con "Tuttolibri". Ha pubblicato insieme a Giulio Busi Mistica ebraica. Tutti testi della tradizione segreta del giudaismo dal III al XVIII secolo. Con I bottoni del signor Montefiore e altre storie ebraiche ha vinto il Premio Andersen nel 1997. Da anni sta inoltre lavorando per Adelphi all'edizione italiana dell'opera di Louis Ginzberg Le leggende degli ebrei, di cui sono usciti i primi quattro. Tra i suoi libri pubblicati da Einaudi ricordiamo Miti ebraici (2016), Conta le stelle, se puoi (2008), Una giornata al Monte dei Pegni (2010), La...

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