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recensioni di Tomasi, A. L'Indice del 2000, n. 12
La nascita dei musei di arte decorativa in Europa nella seconda metà dell'Ottocento è legata alla convinzione che fosse necessario offrire agli artigiani e agli industriali strumenti per risollevare le arti applicate dallo stato di decadenza in cui versavano. Sul modello del primo e più prestigioso di questi musei, il South Kensington di Londra (oggi Victoria and Albert Museum), sorsero a Vienna, Berlino, Parigi istituzioni analoghe, in cui a una scuola di disegno era associata una collezione di opere, originali o calchi, che servissero da guida agli artisti per raggiungere l'auspicata sintesi del bello con l'utile. Per favorire lo studio dei modelli del passato da parte degli artisti, le collezioni dei musei vennero ordinate secondo criteri tipologici, in base alla funzione dei manufatti, o secondo i materiali.
L'approccio ottocentesco a questi problemi condiziona ancora la nostra percezione delle arti decorative, fin nella terminologia che usiamo per definirle, che in quel contesto ha la sua origine. Su questi condizionamenti e sulla fortuna storica delle arti applicate riflettono brevemente Liana Castelfranchi Vegas e Anna Menichella nelle loro prolusioni al dizionario, dedicate rispettivamente a Il ruolo delle arti minori nel medioevo e a La nascita del design. A queste, e alla ricca prolusione di Cinzia Piglione su Centri di produzione in Italia tra rinascimento e manierismo, è affidato il compito di tracciare la cornice storica entro cui collocare i dati forniti nelle singole voci. Avrebbe potuto essere questa la sede sia per soffermarsi più diffusamente sugli studi che hanno determinato il nostro modo di considerare la arti suntuarie (Wickhoff, Riegl, Focillon), sia per orientare più esplicitamente il lettore su criteri di ordinamento e obbiettivi del dizionario.
Ciascuna voce tratta di una specifica tecnica (ricamo, commesso) o di un materiale (avorio, cuoio), secondo un'articolazione debitrice appunto dei criteri di classificazione ottocenteschi. Data l'importanza che in questo modo si riconosce alle tecniche di lavorazione, a queste tendenzialmente è dedicata la prima parte di ogni voce: esemplari le sezioni sull'Arazzo, sulla Glittica, sull'Incisione, sul Ricamo, sullo Smalto, sul Vetro dorato. Meno considerato è il valore simbolico delle materie, che in certe epoche gioca invece un ruolo determinante. La parte centrale e più ampia della voce traccia un profilo dell'evoluzione storica della singola arte. Grande attenzione è riservata ai problemi del collezionismo e alla presentazione delle più importanti raccolte museali. Ogni voce è accompagnata da una ricca bibliografia ragionata. Nel corpo delle voci sono inserite alcune illustrazioni in bianco e nero. L'apparato illustrativo è completato da sessanta tavole a colori fuori testo.
Le persistenza nella nostra cultura di modalità di approccio ottocentesche si rivela non solo nell'ordinamento delle voci, ma anche nella loro scelta. La voce più ampia, che occupa quasi ottanta pagine, è quella sulla Miniatura. Arte applicata a pieno titolo ancora per uno studioso come Pietro Toesca, che le riservava un distinto paragrafo all'interno del capitolo sulle arti minori nei suoi volumi sull'arte medievale e trecentesca in Italia, la miniatura è oggi considerata ormai un'arte maggiore, soprattutto per epoche come l'alto medioevo o l'età romanica, in cui essa svolge un ruolo trainante rispetto ad altre tecniche. Se dunque il suo inserimento in questo contesto può di primo acchito sorprendere, la voce è comunque benvenuta per la sua utilità. Soprattutto le sezioni relative alle tipologie del libro e alla loro descrizione, e alle tecniche e ai luoghi di produzione (dovute a Francesca Lollini, Cristina Quattrini, Fabrizio Tasso) si segnalano per la ricchezza di informazioni e l'acume nell'impostare i problemi. Un approccio tipologico avrebbe potuto aggiungere interesse anche ad altre voci. Naturalmente non è stato possibile concedere a tutte le voci lo spazio che è stato garantito alla miniatura, di modo che lo sviluppo di alcune è un po' contratto, come appare nel caso della Porcellana. Nonostante la brevità, sono particolarmente apprezzabili le voci Cuoio (Alessandro Della Latta), che offre una chiara sintesi su un argomento che in Italia è poco frequentato dagli studi, e Vetro dorato (Tasso), che presenta sinteticamente una tecnica confinata per lo più in ambiti specialistici. Ragioni analoghe impongono di segnalare l'eccellente voce Arazzi firmata da Nello Forti Grazzini, che fornisce un panorama affidabile della materia senza sacrificare la ricchezza e la precisione dell'analisi in nome della chiarezza, e la voce Tessuto, compilata da Domenica Digilio e Francesca Piccinini. Stupisce invece l'assenza di alcune tecniche che avrebbero meritato di essere inserite nel dizionario: le armi e armature, ma soprattutto l'ebanisteria.
Data la struttura delle voci, resta affidato al lettore il compito di meditare sul ruolo giocato dalle singole tecniche nelle varie epoche, sulla gerarchia delle arti e sui rapporti fra le tecniche nei diversi momenti storici, sulle ragioni della fortuna o del declino di ciascuna arte, anche se spunti e materiali di riflessione abbondano nelle voci migliori.
Dapprima troviamo tre Prolusioni su arti minori nel Medioevo (Liana Castelfranchi), nei secoli XV e XVI (Cinzia Piglione) e nel '600 e '700 (Silvana Pettenati), in venti grandi Voci vengono quindi presentati i principali aspetti teorici, storici, estetici, di collezionismo delle arti dette minori, ma che soprattutto in determinati periodi hanno avuto una forza espressiva e culturale di primissimo piano. Voci del Dizionario, illustrate in b/n e con riferimenti a colori, sono arazzo, avorio, ceramica, commesso, cuoio, glittica, incisione, maiolica, miniatura, oreficeria, porcellana, ricamo, smalto, tarsia, terragmia, tessuto, vetrata, vetro, vetro dorato.
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