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scheda di Passoni, R., L'Indice 1992, n. 4
Il volume è stato pubblicato in occasione della mostra "L 'arte del paesaggio ", tenutasi presso la Pinacoteca Comunale (Loggetta Lombardesca) di Ravenna dal 25 maggio al 22 settembre 1991.
La pittura di paesaggio nasce entro una linea di tensione tra modello naturale di riferimento e originalità dell'intervento pittorico lungo tutto l 'arco temporale descritto, affrontato nel saggio di Claudio Cerritelli in apertura del libro. Tra presenza fragrante, "cancellazione della sua visibilità ", e fino alla tentazione di materia in ambito informale, l'iconografia del paesaggio pone problemi di referenzialità. Già in ambito divisionista, comunque, le esperienze sia italiane sia francesi pongono il problema del superamento di un realismo di visione. Le regole futuriste cercano li imporre al paesaggio naturalistico e nostalgico il mito-modello del paesaggio urbano, la descrizione veloce e tesa della città; forzeranno, i futuristi, anche questa linea attraverso Balla. Secondo Cerritelli, in fatti, il paesaggio conserva il suo statuto iconografico, ma ribaltato entro i dati degli "equivalenti astratti" (che intendono esprimere la qualità invisibile della natura) nell'artista romano. Il paesaggio assume connotazioni di artificialità in de Chirico (logico appare il richiamo alla solitudine dei segni del pittore metafisico); oppure nasce intriso di moderna misticità in Carrà. Da De Pisis a Morandi a Licini si assiste ad una progressione verso l'astrazione nell'affrontare la convenzionalità del tema. Fino alla pittura astratto-concreta degli anni cinquanta, che "continua ad essere a suo modo pittura di paesaggio", ispirandosi anche sotto il pieno rapporto psicologico alla natura. Ed a ritentare la natura saranno gli Ultimi naturalisti; la pittura informale non eviterà in genere il problema, visto che le opere - a partire dai loro titoli - conservano un'esplicita referenzialità. Nel quadro post bellico sarebbe stata forse opportuna una frequentazione un poco più serrata del problema del paesaggio in ambito realista.
Il saggio di Paolo Fossati sulla questione così come venne intesa tra il 1910 ed il 1930 all'incirca è illuminante, ad esempio per convincersi dell'oggettiva importanza della discussione sull'argomento intorno alla metà degli anni venti: basti ricordare le diverse vedute di Ojetti (il paesaggio è straniero come convenzione iconografica, la figura rappresenta la tradizione italiana) e di Lionello Venturi (l'ingenuità è necessaria all'arte, ed è propria della raffigurazione del paesaggio). Da segnalare sono ancora la poco convenzionale e bella scelta delle riproduzioni a colori a corredo del discorso in generale, ed il saggio di Giorgio Bàrberi Squarotti su paesaggio e letteratura, in calce al volume.
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