Tre sono gli interrogativi intorno cui ruota questo libro. Il primo: quale ruolo rivestì Malatesta nel regicidio di Monza? Il secondo: è vero che egli ideò e tentò di mettere in atto l'evasione di Bresci dal carcere di Santo Stefano? Il terzo: all'alba del XX secolo l'anarchico campano architettò con l'ex regina di Napoli un moto popolare capace di cogliere i risultati falliti da quello del 1898? Nulla di nuovo sotto il sole, si dirà, considerando che si tratta di questioni affrontate dalla storiografia, alla quale non è certo sfuggita la lettera inviata da Malatesta a un anonimo corrispondente il 18 maggio 1901, lettera che costituisce il punto di avvio e, al contempo, la chiave di volta dell'indagine qui compiuta. E invece qualcosa di nuovo c'è, a cominciare dalla scoperta di alcuni rapporti della polizia francese, che servono, per un verso, a consolidare elementi di conoscenza appresi per mezzo dello spoglio degli archivi italiani e, per un altro, ad aggiungere particolari di rilievo e informazioni sostanziose. Di nuovo c'è poi la rilettura offerta, anche sulla scorta di queste acquisizioni, delle carte già note. Ne derivano ipotesi stimolanti, che i due autori propongono con passione, rigore metodologico e apprezzabile capacità di sintesi. Ad affiorare è un intreccio composto da anarchici dal solido pedigree (Malatesta, certamente, ma anche Felice Vezzani e Charles Malato); loro occasionali compagni di viaggio (Angelo Insogna e Oreste Ferrara); esponenti di altri partiti, forse disponibili a stringere accordi di scopo (Oddino Morgari, per esempio); spie preziose non solo per il ministero dell'Interno, ma pure per gli studiosi che, grazie alle loro delazioni, hanno poi potuto ricostruire un mondo sommerso (su tutti, Ennio Belelli ed Enrico Insabato, nomi in codice Dante e Virgilio); una ex regnante, Sofia, in cerca di vendetta su quanti, i Savoia, l'avevano detronizzata. Sullo sfondo, convitati per nulla di pietra, si stagliano Giuseppe Zanardelli, Giovanni Giolitti, Francesco Leonardi e Giuseppe Tornielli, ovvero lo stato nelle sue massime declinazioni governativa, poliziesca e diplomatica. Dalla spremitura delle fonti d'archivio e della pubblicistica del tempo si ricava un succo dal sapore robusto che, al netto di sfumature troppo osées, convince. Dunque l'uccisione di Umberto I fu l'esito di un progetto articolato, del quale Malatesta era a conoscenza e che approvò: è possibile che tale progetto sia stato sostenuto finanziariamente dalla regina Sofia. Inoltre, la lettera del maggio 1901 era indirizzata a Vezzani e conteneva riferimenti in merito sia a un prossimo moto popolare, sia all'evasione del regicida. Di questo secondo disegno, Malatesta si fece parte attiva ed è probabile che fu proprio il suo diretto coinvolgimento, di cui Giolitti era a conoscenza, a provocare o ad accelerare il "suicidio" di Bresci. Infine, il connubio fra l'anarchico più celebre d'Italia e l'ex testa coronata si consumò davvero nella primavera del 1901, quando il primo andò a colloquio dalla seconda al fine di ottenere gli aiuti finanziari indispensabili per attribuire all'attesa rivoluzione sociale speranze di successo. Roberto Giulianelli
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