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Antonio Gramsci e la Francia. Dal mito della modernità alla «Scienza della politica»
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1998
2 dicembre 2003
193 p.
9788840005225

Voce della critica


recensione di Scavino, M., L'Indice 1998, n. 9

L'opera di Gramsci continua a essere uno dei campi più fertili per gli studi sull'Italia di questo secolo, sui suoi ritardi economici e sociali, sulle sue contraddizioni culturali, sui suoi conflitti. Liberata dai condizionamenti politici e ideologici del passato e finalmente ricostruita nella sua effettiva dimensione storica, essa costituisce oggi una delle fonti più utilizzate nella ricerca e nel dibattito storico-politico.
Ne è una dimostrazione questo libro, che indaga il rapporto intellettuale di Gramsci con la Francia attraverso un lavoro di scavo, veramente ricchissimo, nei suoi scritti, sulla base di un'interpretazione che vede in lui il massimo teorico nel Novecento italiano dell'esigenza di una "riforma intellettuale e morale" della nazione che potesse finalmente realizzare quei processi di integrazione nello Stato e di "nazionalizzazione" delle masse popolari che storicamente erano mancati nell'Italia moderna e che invece la Francia aveva vissuto in virtù delle sue rivoluzioni, capaci di coinvolgere attivamente il popolo.
Gervasoni - giovane studioso della politica e della cultura francesi - ricostruisce questo dialogo intellettuale con grande scrupolo filologico, in quattro capitoli che costituiscono un excursus cronologico e tematico nei testi gramsciani, mentre le brevi conclusioni hanno solo un carattere di confronto critico con alcune tesi "revisioniste" sull'argomento. Ne emerge l'immagine di un riferimento costante con la storia e con gli intellettuali d'Oltralpe, da Romain Rolland a Sorel, da Barbusse a Renan; una fitta trama di riflessioni sulle rivoluzioni, sulla democrazia, sul ruolo degli intellettuali e del movimento operaio e socialista. È uno studio, in ultima analisi, di storia delle idee e delle culture, al quale manca solo, forse, un più puntuale lavoro di contestualizzazione nell'ambito della vicenda biografica di Gramsci, che avrebbe consentito di comprendere più precisamente certe sue posizioni, soprattutto negli anni (1918-1926) in cui egli fu uno dei massimi protagonisti della rivoluzione comunista in Europa.
L'interesse dell'autore è invece incentrato principalmente sui temi dell'identità culturale, dell'efficacia dei miti nella vita di una nazione, e proprio in questo senso egli indica in Gramsci uno degli autori più moderni e più attuali dell'Italia contemporanea. Uno scrittore, comunque, che verrebbe voglia di consigliare anche ai tanti riformatori di oggi, così preoccupati per lo scarso senso nazionale degli italiani, se è vero - come afferma Gervasoni - che "per Gramsci un paese unitario non è tale perché le élite intellettuali e politiche si compattano e si "uniformano" attorno ad un medesimo linguaggio e ad un medesimo repertorio culturale: l'unità nazionale è possibile solo in ragione di un pieno sviluppo delle classi sociali di una nazione e in una loro aperta e competitiva contrapposizione".

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Conosci l'autore

Marco Gervasoni

1968, Milano

insegna Storia contemporanea all'Università del Molise e Storia comparata dei sistemi politici all'Università Luiss di Roma. È editorialista del «Messaggero». Tra i suoi ultimi volumi: François Mitterrand. Una biografia politica e intellettuale (2007), La tela di Penelope. Storia della Seconda Repubblica (con S. Colarizi, 2012). Per Marsilio ha pubblicato: Storia d'Italia degli anni ottanta. Quando eravamo moderni (2010), La guerra delle sinistre. Socialisti e comunisti dal '68 a Tangentopoli (2013) e Le armate del Presidente. La politica del Quirinale nell'Italia repubblicana (2015).

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