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Questo libretto del musicologo Reinhard Raffalt parte dal presupposto dello stretto legame tra arte e teologia intesa come discorso razionale intorno alla divinità. Il dio cristiano,infatti, ha nella bellezza un attributo essenziale e al contempo l'arte ha nella bellezza la sua finalità. Nell'arte contemporanea assistiamo ad un fenomeno particolare: la rinuncia programmatica alla ricerca del bello da parte degli artisti. Secondo l'autore questo fenomeno presagisce mutamenti sconvolgenti nella condizione del mondo fino ad annunciare nientemeno che l'avvento dell' Anticristo.
Eccellente aggiunta al già onorabilissimo mosaico dei critici della modernità, Raffalt è un autore di cui non ero a conoscenza. La lettura del suo breve saggio sull'Anticristo è una miniera di intuizioni originalissime e polemiche in cui mette a fuoco in particolare il dominio dell'Anticristo come profanazione, oltraggio alla bellezza e meccanizzazione del mondo. Estremamente interessante.
Iniziato a leggere quasi per caso, il libro di questo autore che non conoscevo ancora, è stata una gradevole scoperta. Per essere un saggio filosofico è di facile lettura, e mi è piaciuto il suo modo di riflettere sulla figura dell'Anticristo, senza peli sulla lingua e senza la pavidità tipica di certi ambienti culturali. Una voce fuori dal coro insomma. Raffalt è stato scrittore, filosofo e musicologo e ha "criticato aspramente il Concilio Vaticano II" : così dice la quarta di copertina. E già questo mi aveva incuriosito. Dopo aver tratteggiato la "Storia" dell'Anticristo, invita (filosoficamente) a riconsiderare il rapporto di ciascuno di noi con la religione e con Gesù Cristo. La parte più interessante, secondo il mio punto di vista, è quella che parla dei "passi biblici che celano le circostanze che favoriscono la preparazione del dominio dell'Anticristo". La postfazione di Andrea Sandri è praticamente un altro saggio, che però aiuta molto a collocare Raffalt all'interno del dibattito culturale.
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