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Ánthropos téleios. L'itinerario di Bonhoeffer nel conflitto tra cristianesimo e modernità - Alberto Gallas - copertina
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Ánthropos téleios. L'itinerario di Bonhoeffer nel conflitto tra cristianesimo e modernità - Alberto Gallas - copertina

Descrizione


La figura dell'ánthropos téleios, cioè dell'uomo che affronta con animo indiviso le frammentazioni della modernità, coniugando le esigenze di una fede integralmente vissuta con quelle dell'autonomia del mondo adulto, è il filo conduttore di questo volume. Esso offre anche in Italia una lettura complessiva dell'opera e della vita di Bonhoeffer basata sullo studio di tutti gli scritti, sull'indagine dettagliata del contesto storico, sul confronto critico con il pensiero teologico contemporaneo e sulla diretta conoscenza della più recente ricerca tedesca. Tra i temi affrontati, in particolare: la dimensione dialogica del 'modo di pensare' bonhoefferiano, la questione ebraica, sequela ed ermeneutica, la Chiesa confessante e la politica ecclesiastica del nazismo, theologia crucis e pensiero sapienziale, il rapporto con Lutero e la dottrina della giustificazione, il confronto con Barth.
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Dettagli

1995
1 gennaio 1995
512 p.
9788839903839

Voce della critica

MANCINI, ITALO, Bonhoeffer

GALLAS, ALBERTO, Anthropos téleios. L'itinerario di Bonhoeffer nel conflitto tra cristianesimo e modernità

FERRARIO, FULVIO (A CURA DI), Vorrei imparare a credere', Dietrich Bonhoeffer (1906-1945)
recensione di Bodrato, A., L'Indice 1996, n.10

Una vita interrotta, un'opera frammentata, un'eredità problematica: il fascino di Dietrich Bonhoeffer (1906-45) è legato anche a questa incompiutezza, che non si motiva come indecisione ma come esito, paradossale e inevitabile, di un estremo sforzo di coerenza. A cinquant'anni dall'impiccagione nel lager di Flossenburg, il tragico destino di questo teologo universitario, che fu anche pastore e resistente, mantiene tutta la sua esemplarità.
Lo mostrano bene i dodici saggi raccolti a cura di Fulvio Ferrario sotto il titolo ""Vorrei imparare a credere"", che spaziano dalla storia della resistenza e della chiesa tedesca (Gian Enrico Rusconi, Matthias Schreiber, Sergio Bologna) alla teologia (Alberto Gallas, Daniele Garrone, Paolo Ricca); dalla spiritualità (Hans Walter Schleicher, Fulvio Ferrario) all'ecumenismo (Nunzio Galantino), per chiudere con l'attualità filosofica (intervista a Massimo Cacciari).
Come teologo Bonhoeffer va ricollegato agli ultimi esiti della "teologia liberale" e al suo confronto con quella "dialettica". Il suo nome si colloca tra quelli di Harnack, di Barth, di Bultmann. Come uomo di chiesa è esponente di punta della "chiesa confessante", parte attiva del suo sforzo di riorganizzare su basi nuove il luteranesimo tedesco, messo a rischio dall'omologazione nazista, e sta agli albori del dialogo tra le chiese. Come resistente, coinvolto nel complotto del 20 luglio '44, assume in proprio i problemi etici e politici dell'opposizione a Hitler, del progetto di rovesciamento del regime e della preparazione di un'alternativa credibile. Come teologo, pastore e resistente, dotato di un senso fortissimo della coerenza e dell'integrità dell'uomo, non può che fare interagire tra loro tutte queste esperienze, coi loro diversi valori e i loro diversi temi, con esiti aperti a sviluppi imprevedibili e innovatori.
Impossibile dimenticare che il nome di Dietrich Bonhoeffer si è imposto di prepotenza all'attenzione della pubblicistica italiana nella seconda metà degli anni sessanta come "padre nobile" della teologia radicale, del cristianesimo secolare e della teologia della morte di Dio. La conoscenza del suo pensiero si è, così, legata da noi alle fortune di un movimento culturale fragile ma non insignificante, ed è sopravvissuta al rapido declino di tale movimento grazie allo sforzo di traduzione e di studio di una delle personalità più significative della teologia italiana di quegli anni. Dobbiamo infatti a Italo Mancini (1925-93), professore di filosofia della religione dell'Università di Urbino, l'edizione dell'Etica e delle lettere dal carcere ("Resistenza e resa", 1969) e, nello stesso anno, - la pubblicazione di "Bonhoeffer", uno studio analitico e appassionato, che offriva al lettore italiano la possibilità di conoscerne nel suo complesso la personalità.
A oltre venticinque anni dalla pubblicazione quell'opera, riedita con postfazione di Pier Giorgio Grassi, conserva tutta la sua attualità, non solo perché è una tappa importante nella storia della ricezione di Bonhoeffer, ma perché sa evidenziare con efficacia i nodi storici e teorici del suo pensiero, le tensioni tra il forte richiamo alla tradizione della chiesa e le radicali aperture al "cristianesimo non religioso" e alla "morte di Dio", "intesa non come figura atea (che fa questione dell'esistenza) ma come figura teologica (che fa questione della presenza)".
Se Mancini partiva dall'interpretazione radicale delle lettere dal carcere per ancorarla, problematizzandola, alle precedenti opere universitarie e pastorali, con particolare attenzione all'"Etica", Alberto Gallas in "Anthropos téleios" parte dal radicamento di Bonhoeffer nel dibattito culturale, che vede la teologia tedesca di inizio secolo alle prese col conflitto tra modernità e cristianesimo.
"Il percorso che precede "Resistenza e resa" non è lineare, - scrive l'autore - "Sequela" ed "Etica" non sono gradini consecutivi di una scala che culmina nelle Lettere... ma configurano piuttosto una specie di movimento a tenaglia in cui, fecondando la prospettiva dell'uno con quella dell'altro", si realizza un'originale fusione tra theologia crucis e sapienzialità. Proprio riconoscendo nella croce la manifestazione dell'impotenza mondana di Dio, Bonhoeffer riesce, infatti, a coniugare "lo stare davanti a Dio" e il vivere "come se Dio non fosse", a rispettare la profanità del mondo e a valorizzare la rivelazione di Dio in Cristo, ad aprire una possibilità di incontro tra mondanità e cristianesimo, "non di natura tattica, ma basata sulle istanze fondamentali dell'una e dell'altra parte".

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