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Anno edizione: 2001
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Quattro brevi storie: di guerra vera, di crudeltà ingiustificabile e di esasperazione; così vicine e per questo ancora più impressionanti. Quattro storie brevissime, ma non per questo meno scioccanti; capaci di scuotere in profondità strappandoti da un'ingenua incredulità. Penna sempre efficace quella di Covacich, e spietata.
Non si smette di tentare un canestro nonostante la bomba stia per dilaniare il campo da gioco, ma non si arretra nemmeno davanti a un tribunale quando al mostruoso cecchino viene chiesto se gli sembra giusto quello che fatto. Dirà "Si". L'impossibile sentimento ad abitarsi puri subito dissolto in gesti della più cruda insensatezza, la cronaca di un reale dilaniato da morte e da rovina, da desideri di cattiveria inesausta e da peccati quasi ai limiti della santità. Storie strazianti, amori dolorosissimi incisi in una rincorsa a comprendere le follie della storia e quasi ad assumerne personalmente i tratti più macabri, tanta è la verità penetrante e terribile che questi gettano nello sguardo e nelle azioni. Bestialità e perdono, come a sottolineare la rocciosa grandezza della vita pur sotto le coltri di una giustizia monca e di una morale spesso inesistente. Perdersi insomma, perdersi ad esempio in un'estrema prova d'amore per una donna senza vista, immedesimarsi nel suo stesso buio come in una specie di viaggio a sfidarsi e a donarsi nella verità dell'altro, un gioco di travagli interni che possono consegnarci nuovi o abbrutiti, ma che sa diventare, nelle mani dell'autore, in uno o nell'altro senso, vizio e candore elevati a bellissima sincerità, a tratti poesia, o ancora preghiera e approdo a luci inattese. Lo stesso Covacich parla di "microfisica irreale e surreale del nostro passaggio sulla terra". E' un giusto ritratto, oltre le grezze difese del letterato (che l'autore stesso sottolinea) e dentro invece alle vene più nobili del sentirsi scrittore in ogni antro e ogni scorticata violenza che l'idea fa germogliare. Raccolta stupenda, amara e senza ritorno in certi passaggi, amara e ancora soffiata da un grumo di salvezza in altri. Resti di vita ancora aperti a un respiro possibile, e che sta poi all'uomo abbattere o coltivare sul suo dorso offeso, sul suo volto sfigurato, sulla sua anima avara o ricchissima.
Ho letto questo libro dopo aver letto La sposa e sinceramente mi è piaciuto di più. La scrittura non è ancora così sofisticata e la struttura dei racconti è più classica, ma le storie tengono e coinvolgono tutte.Covacich è sempre maestro.
Recensioni
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