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Nel suo nuovo e avvolgente libro Albrile recupera il mito degli angeli decaduti, mito tanto tanto caro agli Gnostici, e che gli ebrei a suo tempo carpirono ai babilonesi nel loro esilio "dorato". In un viaggio culturale che si muove da Babilonia all'Iran, Albrile condividere le tesi di un grande filologo e storico italiano delle religioni, il prof Giuseppe Garbini, raccontando come gli Ebrei si siano in certo qual modo appropriati delle tradizioni sapienziali babilonesi, riscrivendole nel quadro della loro storia sacra. L’evento determinante di tutto l'"esilio" fu il riciclo della figura più veneranda della memoria nazionale ebraica, Abramo, associata al re Nabonedo; immaginando un legame storico tra il patriarca e le città più vicine al dinasta babilonese. Far nascere Abramo in «Ur dei Caldei», cioè in «Ur di Babilonia», significò prima di tutto trasferire nella Babilonia le origini stesse di Israele; ma la scelta della città di Ur non fu casuale, come non lo fu quella di Ḥarrān, la città che segna la prima lunga tappa di Abramo nel suo viaggio verso la terra promessa Ur e Ḥarrān erano infatti le più importanti sedi di culto del dio lunare Sîn, di cui, Harran, era stata importante sacerdotessa, Addaguppi, la potente e ossessivamente invadente madre di Nabonedo che trasmise al figlio la devozione per questa divinità. Da non dimenticare poi che Ḥarrān era anche la patria originaria dello stesso Nabonedo. Le buone condizioni in cui viveva la comunità giudaica di Babilonia, bene integrata ai vari livelli sociali, specie a quelli alti, sono rivelate anche da altre considerazioni. Prima fra tutte il fatto che in Babilonia i giudei abbandonarono la loro lingua parlata, l’ebraico, e assimilandosi all'ambiente babilonese, che in gran parte era già arameofono, conservarono e usarono l’ebraico ormai soltanto come lingua scritta. Questo fu comunque un evento di grande rilievo perché significava voler mantenere intatte le proprie tradizioni culturali, cioè la propria identità,
Il libro di questo Autore, figura di massimo spicco negli studi sullo gnosticismo e sulla storia delle religioni, indaga la formazione storica dell'ebraismo, riportandola alla permanenza del popolo ebraico presso Babilonia, e mostra quanto grande sia stato l'apporto mitologico e culturale che gli ebrei ricevettero dalla grandezza del patrimonio delle tradizioni culturali babilonesi, indagando sulla genesi della figura di Abramo. Albrile, come di consueto, scava mirabilmente per noi nel passato con stile e linguaggio ineludibilmente coinvolgenti e ci fa sentire parte di ciò che riesce a ricavare dalle fonti che utilizza. Il viaggio nella cultura ebraica e nella sua vera origine costituisce non soltanto una nuova chiave ermeneutica nei confronti di tale cultura, ma anche una riserva inesauribile di stupore per qualsiasi lettore.
Da sempre attento ai risvolti "pop" di alcuni temi religiosi fondamentali, Albrile ancora una volta abbandona la "turris eburnea" in cui troppo spesso tendono a rinchiudersi taluni studiosi e dedica un'opera di alta divulgazione (che, come sempre, coniuga erudizione e linguaggio accessibile ai "profani") a un argomento di grande interesse: il mito degli angeli e dei demoni. Se ancora oggi costoro sono protagonisti di saghe librarie, televisive e filmiche di enorme successo, indagare sulle origini della loro natura e del fascino che essi esercitano da sempre sull'uomo è evidentemente quanto mai attuale e opportuno. E in tale percorso, tortuoso e sorprendente, l'autore guida i lettori con la consueta maestria, chiarendo i motivi dell'ambiguità che caratterizza questi esseri semidivini (un'ambiguità che, ribadisco, permane nelle contemporanee incarnazioni letterarie e cinematografiche), separati tra di loro da una linea di confine assi più sottile di quanto si sarebbe portati a credere.
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