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Ancorare i porti al territorio. Dai traffici alla marittimizzazione - copertina
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Ancorare i porti al territorio. Dai traffici alla marittimizzazione
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Descrizione


Il boom del commercio internazionale — dovuto alla rilocalizzazione mondiale delle produzioni e ai mutamenti nei mercati delle materie prime e dei consumi — fa crescere i traffici sul mare e nei porti. Questi, perduti i monopoli geografici del passato, competono sempre più aspramente. Ma la crescita dei traffici non garantisce alla regione portuale un aumento del valore aggiunto e dei benefici economici, mentre implica l'uso di spazio e infrastrutture e costi ambientali crescenti, fonte di conflitti e possibili "rifiuti" (lo scenario della demarittimizzazione delle città portuali). Occorre allora non solo puntare sull'efficienza del ciclo logistico, ma sui benefici economici e il valore aggiunto in loco, ormai il vero indicatore del successo durevole di un porto. Quel che conta non è tanto l'occupazione diretta delle attività portuali, in calo a causa dell'automazione e delle economie di scala, ma l'occupazione e il valore aggiunto delle attività indotte o attratte dai porti, il cui insediamento dipende assai più dal contesto delle altre imprese e delle istituzioni che dal volume di traffico. Il concetto di cluster marittimo portuale diventa allora essenziale per la competitività economica dei sistemi portuali, anche a scale subregionali o interregionali. Proprio dal cluster può venire una crescita dell'economia portuale indipendente da quella del traffico (che il territorio quasi mai può sostenere all'infinito). Può nascere, cioè, la (ri)marittimizzazione, o capacità di creare su un territorio, anche vasto e a rete, un contesto di eccellenza — fatto di imprese, istituzioni, formazione e capacità innovativa — che ponga ancora il porto come polo trainante per la logistica, cuore strategico dell'economia globale del secolo XXI.
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Dettagli

2007
1 settembre 2007
Libro universitario
280 p., Brossura
9788838665431
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Indice

Introduzione
Ancorare i porti al territorio
L’economia di una regione portuale
Strategie localizzative e cluster portuale
La governance del cluster portuale
Il cluster logistico-portuale genovese
La pianificazione portuale e territoriale
Aspetti normativi
Bibliografia
Allegato a - Metodologia quantitativa: tabelle
Allegato b - Questionari
Allegato c - Questionario core portuale: statistiche
Allegato d - Mappe per i questionari

La recensione di IBS

Il boom del commercio internazionale dovuto alla rilocalizzazione mondiale delle produzioni e ai mutamenti nei mercati delle materie prime e dei consumi fa crescere i traffici sul mare e nei porti. Questi, perduti i monopoli geografici del passato, competono sempre più aspramente. Ma la crescita dei traffici non garantisce alla regione portuale un aumento del valore aggiunto e dei benefici economici, mentre implica l'uso di spazio e infrastrutture e costi ambientali crescenti, fonte di conflitti e possibili rifiuti.Occorre allora non solo puntare sull'efficienza del ciclo logistico, ma sui benefici economici e il valore aggiunto in loco, ormai il vero indicatore del successo durevole di un porto. Quel che conta non è tanto l'occupazione diretta delle attività portuali, in calo a causa dell'automazione e delle economie di scala, ma l'occupazione e il valore aggiunto delle attività indotte o attratte dai porti, il cui insediamento dipende assai più dal contesto delle altre imprese e delle istituzioni che dal volume di traffico. Il concetto di cluster marittimo-portuale diventa allora essenziale per la competitività economica dei sistemi portuali, anche a scale subregionali o interregionali. Proprio dal cluster può venire una crescita dell'economia portuale indipendente da quella del traffico.Può nascere, cioè, la (ri)marittimizzazione, o capacità di creare su un territorio, anche vasto e a rete, un contesto di eccellenza fatto di imprese, istituzioni, formazione e capacità innovativa che ponga ancora il porto come polo trainante per la logistica, cuore strategico dell'economia globale del secolo XX.

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