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Amen è una sorta di romanzo distopico dove i cambiamenti terribili che pian piano accadono per colpa della sete di potere vengono addolciti dalle stranezze dei quattro bambini, dalle loro peculiarità e da una sottile ironia che sì, fa sorridere, ma fa anche riflettere il lettore visto che viene usata dall’autore per denunciare quello che sta accadendo nei giorni nostri. Un distopico ironico non l’avevo mai letto e dire che ne sono rimasta piacevolmente sorpresa è poco: Amen mi è davvero piaciuto molto! Ho apprezzato tutti e quattro i bambini protagonisti che senza dubbio sono stati caratterizzati molto bene; l’unica che mi è sembrata una figura un po’ in disparte rispetto agli altri è stata Fatima e infatti è stata anche l’unica a cui mi sono affezionata meno. I bambini poi sono sì, dei bambini, ma allo stesso tempo sembrano degli adulti, hanno un linguaggio più sviluppato rispetto a quello a cui siamo abituati a sentire quando parliamo con un bambino di sei anni, alcuni di loro (e non faccio riferimento ai protagonisti) sono dei bulletti che hanno dei comportamenti più tipici degli adolescenti e così via. Però, nonostante questa “incongruenza” (chiaramente voluta dall’autore) tutto sembrava nella norma perché Giorgio Polo è riuscito a creare un contesto in cui queste caratteristiche non davano l’impressione di essere sbagliate, ma anzi, perfette per la storia che si stava leggendo. Quello che più mi ha incantato è stata l’ironia, il fatto che mi ritrovavo a sorridere per alcune battute o alcune scene e allo stesso tempo mi ritrovavo a pensare: “oddio, dove siamo arrivati”. Essendo un distopico, nonostante i sorrisini e le battutine, il libro fa il suo dovere: fa riflettere su un mondo diverso dal nostro, ma dalle caratteristiche e dalle problematiche molto simili. Quando si legge Amen non è che si va a pensare: “vabbè, è un’opera di fantasia, figuriamoci”. No, quello che si pensa è: “cavolo, è un’opera di fantasia, ma non siamo poi così [continua sul blog]
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