Un giovane americano

Libro molto bello. Con un linguaggio delicato anche nelle punte di crudezza, ricercato ma non astratto, si dipana la tormentata e sofferta adolescenza del protagonista nell'America bigotta, smarrita ed esplosiva degli anni '50. Un'educazione sentimentale tesa alla scoperta di sé, all'accettazione del proprio intimo essere, che il protagonista vuole raggiungere con l'accettazione degli altri, in una sottile e costante subordinazione psicologica che piano piano viene a maturazione per riscattarsi nel finale. Gli stati d'animo del protagonista, nella loro fresca spontaneità, variano dalla cupezza, alla sudditanza, alla superiorità mentale, all'adolescenziale desiderio, al puro piacere e gioia (la passeggiata solitaria nel bosco al campo estivo), al bisogno lacerante fisico di essere amato, da tutti, dai coetanei (Kevin, Helen, Tommy, Howie, Chuck) e, soprattutto, dagli adulti (i genitori, la libraia, i professori, lo psicanalista, il suonatore di jazz), nell'oscillare continuo tra "disgusto e desiderio". L'autore riesce nell'intento non facile di descrivere quell'adolescenza così com'è stata vissuta, senza modificazioni aggiuntive, dando voce a tremori, sogni, desideri che in fondo ogni adulto/a può riconoscere di avere vissuto; un passo su tutti: " io sognavo un amante che doveva essere più maturo di me, più ricco ed autorevole, ma anche socievole. Avrebbe dovuto apprezzarmi per la mia sessualità, che era la mia essenza, e allo stesso tempo un attributo a me del tutto sconosciuto, come il vero nome per un orfano, un'identità magica di cui lui non sa nulla fino al momento della rivelazione. Il nome nobilita l'orfano, così come la natura sessuale assicura al candidato d'amore una natura umana, fino ad allora non avvertita, ma dolorosamente prevista".