La fortezza

  Leggere Jennifer Egan è, per certi versi, un'esperienza surreale. Non si tratta di leggere un libro, di entrare in una storia, o di seguirne la trama: si tratta di leggere più libri, entrare in diverse storie e seguirne le molte trame. Fra le più audaci e interessanti autrici americane contemporanee, Egan (Chicago, 1962) ha da subito ben chiaro che cosa fare della sua vita: da ragazza, durante un viaggio in Europa, decide che vuole essere una scrittrice. Non solo ci riesce, ma arriva ad affascinare milioni di lettori e vince nel 2011 il National Book Award e il Premio Pulitzer con l'opera Il tempo è un bastardo. C'è chi la definisce una scrittrice postmoderna, chi la applaude come erede di David Foster Wallace, chi ancora la acclama quale sagace e fine sovvertitrice dei generi letterari, ma la verità è che Egan (come i suoi libri) è questo e tanto altro tutto insieme. Della sua nuova opera La fortezza, arrivata adesso in Italia per Minimum Fax, è pertanto quasi accessorio dire che ci ha stupiti. La trama è quella di un noir di tutto rispetto: c'è un castello diroccato sperduto nelle foreste del Centro Europa, c'è un pesante segreto d'infanzia che lega il protagonista Danny al cugino e nuovo padrone della fortezza Howard, c'è una vecchissima baronessa rancorosa che sembra ringiovanire per magia o per miracolo, ci sono le umide segrete con le sale di tortura e c'è una piscina paludosa in cui la leggenda narra siano affogati i due nobili gemellini eredi della dimora. Ma, chi conosce Egan lo sa, la vicenda è ben più complessa: è il prigioniero Ray che narra questa storia sotto forma di memoria per il corso di scrittura del carcere, ed è sempre attraverso di lui che scopriamo che le due trame non sono così slegate come potrebbero sembrare. E c'è, infine, un terzo livello di lettura, quello che indaga il rapporto tra le costrizioni dell'iper-tecnologizzata vita moderna e la libertà della fantasia, e che rende questa favola "gotica" (come Egan stessa la definisce) un perfetto e intrigante romanzo di attualità. Come solo lei è in grado di fare, l'autrice ci parla con ironia e umanità: il suo sguardo è profondo, capace di mettere a nudo i personaggi e sviscerarne i lati turpi e oscuri, senza mai dimenticare di ridere di loro, e con loro, e di salvarli con inaspettate possibilità di redenzione. Ci insegna che nessuno è buono o cattivo, ognuno agisce semplicemente secondo i propri molteplici e contraddittori caratteri distintivi.   Clara Rizzitelli