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Concordo con Matteo, tra tutti i libri letti di questo autore il meno avvincente, carino e nulla più
Una piacevole e scorrevole lettura estiva.
Un Connelly che probabilmente scrive un vero hard-boiled, un poliziesco vero e proprio. Questo è il vero genere di Connelly, quello per cui ha avuto successo, ma, a me personalmente, non ispira. Non mi mette la minima suspence perchè mi sembra qualcosa di assurdo che un detective faccia tutto quello che fa Bosch senza un motivo apparente. Ritornando ad una concezione stilnovista del termine, Bosch sembra esser l'unico cavaliere nobile non per retaggio bensì per virtù, che esprime la sua nobiltà con dei mezzi non proprio ortodossi, che a volte sacrificano alcuni per salvarne altri. In realtà preferisco altri "esperimenti" Connelly: Debito di Sangue, L'ombra del coyote, Utente Sconosciuto e per finire il sublime "Il Poeta". Preferisco il thriller puro stile Bionda di Cemento alle storie come "Ghiaccio Nero", "La memoria del topo" e "Musica Dura". Sarò un fan atipico, ma, sempre dando la sufficienza, il Connelly di questo romanzo non mi entusiasma, non mi colpisce, non mi tiene incollato al libro come solo lui sa fare, ma si salva solo con un americanissimo colpo di scena finale che in realtà lascia anche un po' l'amaro in bocca, ma che svela il realismo delle personalità dei suoi personaggi, e svela come non sia tutto oro quel che luccica, iniziando dallo stesso Bosch, passando per Irving e terminando con Sylvia Moore, forse quella che più si rivela al lettore nelle ultime due pagine. Un 6- per Connelly su questo romanzo. Vedremo di rifarci con "La Lista"
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