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Un sofisticato amalgama di classicità composto di luoghi comuni filosofici, personaggi caricaturali (come il "cane" Diogene) e figure mitologiche, di sproporzionata retorica e argutezza, è quanto offre su un piatto d'argento il poeta inglese di fine Cinquecento John Lyly alla corte della regina Elisabetta con le sue commedie Campaspe, Galatea e Metamorfosi d'amore, tutte ricche di velati avvertimenti e riferimenti politici celati sotto i fronzoli di tale ricercata figuralità. Come suggerisce il prologo di Campaspe: "Coloro cha hanno paura delle punture delle vespe, si proteggano con ventagli fatti di code di pavone, le cui macchie azzurre somigliano ad occhi". La recente, precisa, traduzione e cura di Lorenzo Cantini, accompagnata dall'introduzione dell'anglista Viola Papetti per la "Biblioteca di Studi Inglesi" delle edizioni romane di Storia e Letteratura, rende queste commedie leggibili anche in italiano, offrendo un interessante tassello che contribuisce a completare la conoscenza del teatro inglese del tempo. Autore del testo narrativo Euphues: anatomia dell'intelligenza, Lyly è infatti meglio noto per avere inaugurato l'"eufuismo", ossia quel modo di esprimersi concettoso, erudito e fiorito che andava in voga tra i giovani della corte inglese, talvolta oggetto della presa in giro di Shakespeare (ad esempio per voce di Falstaff nell'Enrico IV), ma anche punto di riferimento per confrontare il linguaggio e l'immaginario di drammi come Pene d'amor perdute e La bisbetica domata. Le tre commedie in questione risentono del linguaggio eufuistico in quell'indagine che può definirsi un'"anatomia dell'amore", dove il coltello affonda nel cuore umano per tradurre in sentenze pungenti e in ossimori, in metafore e in miti di metamorfosi i suoi aspetti più irrazionali, sfuggenti e instabili, di fronte ai quali anche l'omaggiata regina deve tenere gli occhi bene aperti. "Perché gli uomini dice Cèrere in Metamorfosi d'amore usano tante furberie per ingannare, quante parole per esprimersi". Chiara Lombardi
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