C'era una volta un numero. La vera storia della matematica

Fa bene Gianluca a tornare a leggere Topolino, visto che gli torna difficile comprendere testi un po' più complessi. Certamente il fervore di Gheverghese è piuttosto fazioso nella sua polemica verso la "centralità" greca di molti storici della matematica (in particolare Kline). Tuttavia forse basta leggere proprio Morris Kline per scoprire che lui stesso afferma che i greci conoscevano lo zero (dai babilonesi) ma lo ripudiavano per ragioni filosofiche (!). Forse lo sviluppo del pensiero matematico è il risultato di un processo complicato e ampio che coinvolge più civiltà e più culture... Faziosità a parte, Gheverghese offre una descrizione veramente rara degli algoritmi e delle conoscenze matematiche dei popoli antichi introvabile in altre opere dello stesso genere.

C'è poco da commentare in un libro quando si scrive che i Sioux hanno precorso Niels Bohr e non si riconosce che l'algebra è stata inventata dal greco Diofanto e che il persiano al Kuwrazimi o come altro si chiama si è appropriato di una scoperta non sua, che i matematici alessandrini erano africani come io sono marziano, (l'Egitto era stato ellenizzato da Alessandro), che probabilmente l'uso dello stesso zero arrivò in India dalla Grecia sempre dopo l'ellenizzazione dell'Oriente ad opera di Alessandro. Se gli intellettuali europei, ormai complessati dal politicamente corretto, arrivano masochisticamente ad esaltare un libro che ci vuole dire che i maya, i Sioux o i babilonesi hanno fatto per la scienza quanto Archimede, Galileo e Newton, facciano pure. Io torno a leggere Topolino. Mi sembra un libro più serio di questo.