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Descrizione


La ricostruzione delle fasi finali del processo per eresia a Giordano Bruno.

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Dettagli

2000
9 giugno 2000
240 p.
9788838915918

Voce della critica












Raimondi, Fabio, Giordano Bruno. Il filosofo, l'umanista, il mago,
Bruno, Giordano, Dialoghi filosofici italiani, Mondadori , 2000
Dei, Davide (a cura di), Atti del processo a Giordano Bruno, Sellerio , 2000
Aquilecchia, Giovanni, Bruno nel suo tempo, La citt… del sole, 2000
Gangi, Giuseppe, Rinascimento e naturalismo: Giordano Bruno, Del Bucchia, 2000
Yates, Frances A., Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Laterza , 2000
Mazzi, Enzo, Giordano Bruno. Attualit… di un'eresia, manifestolibri, 2000
D'Amico, Matteo, Giordano Bruno. Avventure e misteri del grande mago nell'Europa del Cinquecento, Piemme, 2000
Drewermann, Eugen, Giordano Bruno. Il filosofo che mor per la libert… dello spirito, Rizzoli , 2000
Mancini, Sandro, La sfera infinita. Identit… e differenza nel pensiero di Giordano Bruno, Mimesis, 2000
Ricci, Saverio, Giordano Bruno nell'Europa del Cinquecento, Salerno, 2000
segnalato in rassegna bibliografica di Raimondi, F. L'Indice del 2000, n. 12

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Negli ultimi anni le ricerche e gli scritti su Giordano Bruno hanno subito un incremento notevole in ragione d'un rinnovato interesse per la filosofia e la biografia d'uno dei più importanti filosofi del Rinascimento. In particolare questo anno, quattrocentesimo anniversario del rogo, si pone senz'altro in tale prospettiva: almeno una decina, infatti, sono i titoli editi in italiano nei quali è possibile vedere riflessi i diversi punti di vista che animano l'interesse degli studiosi, ma anche la curiosità del pubblico meno avvezzo a frequentare il mare di lotte senza fine della filosofia.
Un primo aspetto da considerare concerne l'edizione dei testi di Bruno: argomento spinoso data la complessità del lavoro filologico indispensabile per mettere a punto le lezioni definitive di scritti assai complessi e di non facile lettura. In questa direzione Les Belles Lettres hanno intrapreso dal 1993 la pubblicazione delle Ouvres complètes degli scritti del filosofo di Nola in edizione critica, avvalendosi del lavoro filologico ormai cinquantennale di Giovanni Aquilecchia.
Assumendo questo come testo di riferimento, la Mondadori ha pubblicato una "nuova" versione dei Dialoghi filosofici italiani (a cura e con un'introduzione di Michele Ciliberto, Mondadori, pp. CXIV-1546, Lit 85.000), i cui testi "sono stati riscontrati in modo sistematico con le prime stampe, ed emendati da refusi e imperfezioni che, in alcuni casi, ne compromettevano il senso. Inoltre, quando è sembrato utile ai fini di una più agevole lettura dei dialoghi, si è intervenuti sulla punteggiatura". I criteri adottati hanno però suscitato un'aspra polemica (che qui non è possibile riassumere né affrontare) tra Aquilecchia e Ciliberto, assurta pure alle cronache dei quotidiani nazionali. Da un punto di vista prettamente scientifico però va fatto notare che mentre ogni singolo volume delle Belles Lettres ha una nota filologica che illustra i criteri dell'edizione, questa invece manca nel volume della Mondadori, che invece ha l'indubbio vantaggio d'essere più maneggevole (un solo tomo contro sette) e, in proporzione, più economico.
Accanto a queste importanti imprese editoriali va poi situata la pubblicazione di singoli testi bruniani, magari con nuovi commenti e traduzioni, di cui è esempio Giordano Bruno, La magia e le ligature (a cura di Luciano Parinetto, Mimesis, pp. 151, Lit 26.000), che propone una nuova traduzione di due degli scritti di Bruno appartenenti al novero delle cosiddette "opere magiche", ossia il De magia e il De vinculis in genere, scritti probabilmente a Helmstadt nel 1589 e a Francoforte nel 1590.
Una delle basi sulle quali s'è costruita nei secoli la fama di Bruno è il processo che egli subì a Venezia prima e a Roma poi (1592-1600), di cui vengono ora ripubblicati, in una comoda edizione tascabile, alcuni materiali con intento divulgativo: le denunce di Giovanni Mocenigo all'inquisizione veneziana, il Sommario redatto a uso degli inquisitori nel 1598 e alcuni dei documenti ufficiali che scandirono gli ultimi giorni del filosofo di Nola (Atti del processo di Giordano Bruno, a cura di Davide Dei, Sellerio, pp. 231, Lit 15.000). Le vicende legate al processo sono, in realtà, un altro degli aspetti assai delicati della vicenda bruniana, non solo per l'andamento del procedimento e per le oscurità che lo avvolgono, ma anche per le stranezze che riguardano la sorte dei verbali. Mentre, infatti, ci sono note le trascrizioni degli interrogatori in terra veneziana, non si sa quasi nulla della ben più lunga e decisiva fase romana, della quale ci è finora pervenuto solo il Sommario, dopo che la Chiesa di Roma aveva cercato, per lungo tempo, d'avvalorare la tesi secondo la quale i documenti erano andati distrutti tra il 1815 e il 1817 in occasione del ritorno a Roma degli archivi pontifici trasportati a Parigi nel 1810 da Napoleone. Questo documento fu scoperto per la prima volta tra il 1886 e il 1887 in uno degli armadi della Miscellanea della Segreteria di Stato e prontamente presentato a papa Leone XIII, il quale però ne proibì la divulgazione. Il testo allora non fu riposto, catalogato, là dov'era stato trovato, ma in mezzo ad altri stampati e manoscritti dell'archivio personale di Pio IX, dove fu rinvenuto da mons. Angelo Mercati nel 1940, che per primo lo pubblicò.
L'opera di divulgazione del pensiero bruniano è poi proseguita, durante quest'anno giubilare, con alcuni interventi brevi e introduttivi, che vanno dal testo d'una conferenza tenuta da Giovanni Aquilecchia nel 1996 (Bruno nel suo tempo, La città del sole, pp. 22, Lit 3.000) fino allo scritto di Giuseppe Gangi (Rinascimento e naturalismo: Giordano Bruno, Del Bucchia, pp. 43, Lit 11.000), il quale s'occupa del Nolano soltanto nelle ultime pagine ascrivendolo al filone dell'ermetismo magico, secondo un'interpretazione ormai diffusa dal 1964, quando comparve l'importante lavoro di Frances A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica (Laterza, 19892). Più interessante, per quanto sempre di natura introduttiva e con uno sguardo che privilegia più l'ottica della lettura personale e attualizzante che quella scientifica, è il lavoro di Enzo Mazzi (Giordano Bruno. Attualità di un'eresia, prefaz. di Giovanni Franzoni, manifestolibri, pp. 109, Lit 14.000), il quale a partire dall'esperienza del cattolicesimo sociale vede in Bruno l'emblema della repressione controriformistica che inaugurò la modernità, ma la cui esperienza mutatis mutandis può parlare ancor oggi a chi, "dopo quattrocento anni, perplesso se non angosciato di fronte al dominio spesso violento di una tecnica senz'anima fondata drasticamente sul principio d'identità e non-contraddizione, di fronte a chiese e religioni che predicano l'amore e denunciano l'ingiustizia ma in modo moralistico, senza mettere in causa la propria identità e la verità esclusiva e assoluta del proprio dio e dei propri dogmi, sia ancora qui a interrogarsi come fermare il fiume del sangue". Un Bruno certo idealizzato: irenista e umanista, mago ermetico e naturalista, impegnato nella costruzione d'una filosofia dell'amore universale, ma l'operazione ha comunque il pregio di mostrarlo nella sua decisiva veste politica. Il rogo di Bruno fu di natura politica, perché egli combatté una lotta in nome della cultura popolare, del sapere vivo di "streghe" ed "eretici", contro l'intollerante razionalità repressiva della Chiesa romana. La morte di Bruno significò la rinuncia a una modernità diversa, più tollerante e aperta ai molteplici linguaggi che strutturano l'esistenza, cioè alla possibilità di un'umanità riconciliata nel cristianesimo e non atea, poiché l'ateismo "è figlio spurio, ma non per questo meno vero, dei roghi". L'appassionato pamphlet di Mazzi non si sottrae al dovere di denunciare ancora i responsabili (chierici e laici) dei roghi, unitamente alla loro scelta di far nascere un'Europa che si reggeva esclusivamente sull'intolleranza della fede e sullo strapotere della tecnica asservita all'utile capitalistico, fino al punto d'affermare che di fronte a tali scelte "ci vuol ben altro che una richiesta di perdono", poiché è piuttosto necessaria "una vera conversione, cioè un'inversione di cammino".
Assai più ampio è invece il contributo in chiave introduttiva di Matteo D'Amico (Giordano Bruno. Avventure e misteri del grande mago nell'Europa del Cinquecento, Piemme, pp. 464, Lit 42.000), che si propone come una biografia tutta costruita a ridosso d'una tesi ormai respinta in realtà da tutti gli specialisti di Bruno, perché ritenuta infondata, e formulata quasi dieci anni fa dallo storico inglese John Bossy, il quale ritenne che il Nolano fosse stato una spia presso l'ambasciata di Francia a Londra per conto d'Elisabetta I. In realtà, questo testo utilizza acriticamente quasi tutte le informazioni storiche su Bruno, in gran parte derivanti dalle carte processuali, che non sono sempre attendibili nella rievocazione di date, fatti, persone e azioni - come lo stesso autore rileva -, senza mai approfondire né storicamente né filosoficamente gli argomenti, ma limitandosi a una narrazione in bello stile della vita di Bruno, ammantandola di mistero al fine di renderla, chissà perché, più avvincente.
Tentazione cui non sfugge nemmeno l'ennesima biografia romanzata di Eugen Drewermann (Giordano Bruno. Il filosofo che morì per la libertà dello spirito, Rizzoli, pp. 306, Lit 16.000), testo che mescola elementi biografici a costruzioni del tutto immaginarie e prive di riscontri reali, nozioni filosofiche a deduzioni del tutto prive di fondamento. Alla presunzione di dire cose più vere e intelligenti senza in realtà occuparsi dei testi di Bruno né di ricostruire i rapporti che egli ebbe con gli uomini del suo tempo non sfugge nemmeno il nuovo libro di Giuliana Conforto (La futura scienza di Giordano Bruno e la nascita dell'uomo nuovo, Noesis, pp. 197, Lit 28.000), la quale non demorde nella sua voglia d'attualizzare Bruno interpretandolo come un anticipatore delle più recenti teorie fisiche, mescolando esoterismo e meccanica quantistica, astrologia e filosofia della mente, ermetismo e teoria della relatività, saggezza orientale e arte, nel pieno rispetto dei canoni della superficialità e dell'estetismo propri della New Age purtroppo imperante.
Di ben altra caratura sono i due testi con i quali chiudo questa rassegna.
Il libro di Sandro Mancini (La sfera infinita. Identità e differenza nel pensiero di Giordano Bruno, Mimesis, pp. 314, Lit 35.000) s'occupa d'alcuni aspetti prettamente metafisici della filosofia di Bruno, cercando di ricostruire il pensiero del filosofo e non quello del mago ermetico. L'onnicentrismo è il concetto cardine della filosofia bruniana, la quale cerca attraverso la ripresa di Copernico di soppiantare sia il teocentrismo medievale sia l'antropocentrismo dell'Umanesimo. Attraverso un confronto serrato con Cusano (e Montaigne), l'autore ritiene che Bruno dispieghi "la sua filosofia onnicentrica in due filosofie parallele e complementari, qui denominate la via analogica della differenza e la via dialettica dell'identità", ossia in un pensiero dualistico e uno monistico, che non consentirebbero di schiacciarlo sulla dimensione dell'immanenza, ma nemmeno di continuare a leggerlo all'interno della contrapposizione statica tra questa e la trascendenza. Ciò cui si punta invece è mostrare come Bruno dinamizzi il rapporto tra le due sfere mostrandone la reciproca reversibilità nell'immaginazione. Ne viene fuori un Bruno incagliato nell'aporia del rapporto irresolubile tra perdita del centro e moltiplicazione dei centri, tra perdita del senso ed esplosione dei sensi: un Bruno tragico e dilaniato dall'ottimismo della nuova epoca annunciata dal vangelo copernicano e dal pessimismo del ripetersi incessante delle vicende storiche, della vanitas delle infinite manifestazioni dell'Uno, tutte incapaci di sottrarsi all'impetuoso fluire eracliteo delle forme.
Il libro di Saverio Ricci (Giordano Bruno nell'Europa del Cinquecento, Salerno, pp. 649, Lit 56.000) ha invece un'impostazione storica e più attenta alla ricostruzione dei contesti entro i quali Bruno si trovò a vivere e al cui contatto sviluppò il suo pensiero. L'autore ripercorre con chiarezza e dovizia di particolari la biografia del Nolano in tutte le sue fasi, cercando anche di mettere in risalto l'aspetto sociale e politico del suo pensiero, tracciando il ritratto d'un uomo inquieto e impegnato in un'estenuante lotta per affermare le proprie idee, ma anche istanze più generali di rinnovamento della scienza e della pratica politica. Siamo lontani dal mito illuministico e risorgimentale del martire del libero pensiero, dell'uomo tutto d'un pezzo che sfidò l'oscurantismo e l'intransigenza della chiesa di Roma e, al contempo, anche dall'immagine più "irrazionalistica" del mago impegnato nella "contemplazione di ermetiche 'sapienze' ed alchemiche 'rigenerazioni'". Talvolta però, nella ricerca (forzata) d'un centro e di un'equidistanza, si eccede fino ad arrivare ad attribuirgli simpatie filospagnole e filocattoliche che certo non gli appartenevano, intingendo forse un po' troppo la penna nell'acqua santa.

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La recensione di IBS

La prima denuncia di Mocenigo a Giordano Bruno fu del 23 maggio del 1592, in una lettera con accuse di miscredenza e ostilità alla religione cattolica e al clero, e di sostenere ogni eresia e dottrina magica. Bruno fu arrestato dall'Inquisizione la notte seguente. I documenti processuali (qui riuniti con le denunce di Mocenigo, e una sintesi del 1598, detta Sommario) ricostruiscono la fase estrema del processo, quella condotta dal cardinale Bellarmino, che sintetizzò l'accusa in otto proposizioni eretiche che il filosofo di Nola, pur non rifiutandosi a un'abiura generale, non volle nello specifico abbandonare, continuando a discutere, a distinguere, a confrontarsi. Posto, infine, di fronte all'alternativa tra abiurare o morire, Bruno rispose: «che non deve né può ritrattare, e che non ha da ritrattare e che non ha materia di ritrattazione, e che non sa su cosa debba ritrattare». Sentenza di morte per eresia fu pronunciata l'8 febbraio del 1600. Bruno arse sul rogo alzato a Roma in Campo de' Fiori il 17 febbraio del 1600, l'anno del Giubileo.

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