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Rilke, Baudelaire, Kleist si trovano qui riuniti ed accomunati in un medesimo sguardo ricolto al mondo dell'infanzia, e in particolare al gioco: «un argomento a prima vista puerile» spiega Leone Traverso nella prefazione che accompagna il volume, «ma atto a suscitare interesse anche, e soprattutto, negli adulti cui la propria infanzia non appaia solo un'Atlantide sommersa da sabbie leggendarie, ma, qual è, il terriccio di ogni fioritura più tarda».
Così nel brano di Rilke, la bambola è il primo termine da cui dovrà scaturire, dopo il lungo tirocinio nell'amara realtà della cose, la misura perfetta dell'angelo delle Elegie. E in Baudelaire la 'morale del giocattolo' si svela in quella «prima tendenza metafisica» che spinge i fanciulli ad indagarne l'anima, così che «i giocattoli diventano attori del grande dramma della vita». Quello stesso grande dramma che si ritrova, in Kleist, nell'ansiosa ricerca dell'uomo, che sconta il suo posto intermedio fra due estremi altrettanto imperfetti: né marionetta, pura materia, né Dio, puro spirito.
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