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Il buon soldato Sc'vèik - Jaroslav Hasek - copertina
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Dettagli

7
2003
Tascabile
2 voll., 848 p., ill.
9788807810480

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 5/5
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jana miloradovic
Recensioni: 5/5

Questo libro ci ha portato il nuovo rinascimento dello spirito umano. ha continuato una tradizione della letteratura d`europa che ha iniziato il grande Rabelais. Hasek e` maestro del cinismo produttivo, della grotesca e buon umore attraverso cui ci offre un nuovo mondo antimilitaristico, una nuova visura che puo relativizzare ed allegrare anche la guerra - il mechanismo piu` duro e piu` scuro che i mortali abbiano mai creato. Il riso che ci porta questo libro e`quello stesso di `Gargantua e Pantagruele`, `Le anime morte`, `Le dodici sedie`. Con tutte le sue qualita` Il Scweik entra nella letteratura classica ed immortale. Ed obbligatoria anche!

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Maximiliano Nardulli
Recensioni: 4/5

Ci sono due buoni motivi per leggere questo libro: primo, il suo picaresco anti-miltarismo, secondo una leggerezza nel trattare argomenti anche duri e sicuramente disturbanti.

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larry
Recensioni: 5/5

Questo libro riesce a rendere divertente anche una cosa come la guerra.Da leggere

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Recensioni

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Voce della critica

NEZVAL, VITEZLAV, Valeria e la settimana delle meraviglie, e/o, 1982

NERUDA, JAN, I racconti di Mala Strana, Marietti, 1982

LANGER, FRANTISEK, Leggende praghesi, e/o, 1981

KOHOUT, PAVEL, La carnefice, Editori Riuniti, 1980

KLIMA, LADISLAV, I dolori del principe Sternenhoch, e/o, 1983

HRABAL, BOHUMIL, Treni strettamente sorvegliati, e/o, 1982

HASEK, JAROSLAV, Svejk contro l'Italia, Garzanti, 1975
(recensione pubblicata per l'edizione del 1975

HASEK, JAROSLAV, Il buon soldato Sc' vèjk, Feltrinelli, 1979

CAPEK, KAREL, La fabbrica dell'assoluto, Theoria, 1984
recensione diManera, D., L'Indice 1985, n. 5

La letteratura ceca fa parte di quel gruppo di letterature geograficamente vicine e culturalmente non distanti che non sono purtroppo ancora seguite e diffuse da noi come meriterebbero (e si è visto al momento del Nobel a Seifert), ma non è la più sfortunata di esse: sono infatti trapelate alcune opere significative. Sperando che la risonanza internazionale di Kundera invogli il lettore ad avventurarsi in quelle terre, vorremmo segnalare qui alcuni titoli di narrativa apparsi recentemente o comunque ancora disponibili in libreria.
Diremo subito che vi si possono agevolmente notare certi tratti tipici della prosa ceca, ingredienti locali che compaiono anche in autori diversissimi tra loro. Di fronte alle sventure di cui è prodiga la storia del loro paese, gli scrittori boemi hanno infatti escogitato il loro critico umorismo, barricando la tenerezza dietro l'attesa del momento in cui un nocciolo duro ulcererà l'intestino del mostro. Incontriamo cosi una scrittura che celebra il concreto, I'individuale, il dimesso contro il fumoso, il massificato, il pomposo; una demistificante ironia che si contrappone all'ottusa, agghiacciante retorica, da quella imperialregia a quella staliniana. Assistiamo alle metamorfosi d'una doppia anima, che vive della contiguità tra vitalismo e disperazione, alcova e cimitero, volgarità e metafisica. È un'estro spesso frammentario ed errabondo, che predilige i generi "minori" e si fonda quasi sempre su due procedimenti solo apparentemente antitetici: da un lato l'inarrestabile chiacchierata, la continua, vulcanica capacità di intricare la trama, moltiplicarne i fili, inoltrarsi in cumuli d'irrinunciabili dettagli, esaurendo la parlantina dei personaggi; dall'altro il poggiare perentoriamente la storia su una idea chiave, una nitida parabola, una convinzione-protesta-passione che, gridata o sussurrata, fa da traino al narrare.
Cominciamo dal più noto rappresentante di questa tradizione: Jaroslav Hasek. Il suo universalmente famoso capolavoro antirnilitarista e antiborghese, "Le avventure del buon soldato Svejk durante la guerra mondiale" (1920-1923), e in catalogo da Feltrinelli (il nome del protagonista è malarnente italianizzato in Sc'vèik) con le classiche illustrazioni di Josef Lada. Ma c'è un libro di singolare fascino, amorevolmente costruito e tradotto alcuni anni fa, che è ancora disponibile da Garzanti. Si tratta di "Svejk contro l'Italia", rocambolesco e pirotecnico percorso che attraversa tutta l'opera di Hasek proponendo le perle del suo umorismo maledetto e dadaplebeo, ma documentando anche la variegata ricchezza d'invenzione dell'autore che trova nel racconto breve il suo respiro naturale. La stessa disordinatissima vita di questo ubriacone perennemente perseguitato dalla polizia è diventata mito e nella raccolta sono inclusi esilaranti brani dalla "Storia del partito del progresso moderato nei limiti della legge", burlesca mistificazione politica di Hasek e amici che realmente si presentarono alle elezioni praghesi del 1911, fissando la sede di quello sgangherato partito nella loro bettola preferita. Ma ci vengono rivelati anche aspetti inediti, da un lato alcune poetiche novelle intrise di pacata umanità (particolarmente bello il piccolo sorridente ciclo epico "Comandante della città di Bugul'mà"), dall'altro l'attività pubblicistica e politica di Hasek in Russia durante la Rivoluzione.
Jan Neruda è il capostipite ottocentesco che ha fatto scuola un po' a tutti i narratori che c'interessano. "I racconti di Mala Strana" ( 1878), pubblicati da Marietti, è la sua raccolta più celebre,.ambientata nel quartiere di Mal  Strana, uno dei luoghi leggendari di Praga, dove brulica una folla quotidiana e astrusa, coi suoi tic malinconici e buffi. Neruda ama ripetere i nomi di vicoli, case, osterie e beninteso quelli delle sue macchiette, tutte risolte in un gesto in una ciarla, in un umore, quasi volesse indicare ogni cosa col dito, prendendo affettuosamente in giro un mondo poetico cui è solidale.
Ladislav Kl¡ma, libero pensatore alcolista e poverissimo, filosofo e romanziere geniale e inafferrabile degli inizi del secolo, è una vera rarità. Distrusse quasi tutte le proprie opere e incontrò peraltro sempre enormi difficoltà di pubblicazione. Di lui possiamo leggere alcuni scritti filosofici ("Lettera sull'illusionismo e su Ivan Karamazov" e "Aforismi" in '"In Forma di Parole", C.P. 414 - Bologna, II/1980) e il romanzo nero "I dolori del principe Sternenhoch", uscito presso le Edizioni E/0, storia di un nobilotto prussiano e della sua satanica moglie Helga-Daemona, che il protagonista uccide per poi essere inesorabilmente condotto alla follia dal fantasma di lei. I due gareggiano in bassezza e delirio, per cui il libro, in forma di diario, risulta una giostra d'eros, grand-guignol e assurdo, dissemtnata di provocazioni filosofiche e in costante arnbiguità tra reale e allucinazione. Ma non deve stupire. Dice l'autore (che amava definirsi, tra l'altro, "ludibrionista'' e "contraddizionista" ) nella prefazione: "Che irnportanza hanno un paio di capriole, paradossi, errori, nonsense? Il mondo stesso è capriola, paradosso e nonsense. La paura di inciampare dello scrittore ha lo stesso valore della paura di chi, caduto lungo disteso dentro una fogna, si preoccupa di impolverarsi''; e altrove afferma che "l'origine di ogni bellezza è la perversità sessuale" e che ''la bellezza è un bacio tra amore e orrore".
Karel Capek è una vetta della prosa novecentesca ampiamente riconosciuta anche da noi (ce ne sono di ancora ignote, per esempio Vladislav Vancura). Einaudi ha tutt'ora in catalogo i suoi due drammi più farnosi "R. U. R". e "L 'Affare Makropulos", il primo dei quali tiene a battesimo il famigerato androide "robot". L'Editore Silva di Milano pubblicò nel 1961 una trilogia di romanzi, "Hordubal e altri" dalla quale andrebbe ripescato il capolavoro "Una meteora" (1934) e Bompiani nel 1962 gli incantevoli "Racconti dall'una e dall 'altra tasca" (1929). Le edizioni Theoria presentano adesso, curata in modo che lascia parecchio a desiderare, "La fabbrica dell'Assoluto" (1922), con illustrazioni di Josef Capek (fratello dello scrittore, di lui "In Forma di Parole" ha pubblicato stralci dal diario filosofico "Scritto alle nuvole" sul n. III/ 1984). È un feuilleton scientifico-utopistico sulla linea inaugurata a fine ottocento daJakub Arbes. La trovata è brillante: prodotto come scoria della materia da un reattore atomico difettoso e subito moltiplicato dalla produzione di massa, dio (cioè l'Assoluto) invade la terra e le anime con conseguenze comico-catastrofiche. Si tratta però d'un'opera relativamente giovanile, ancora slegata e strutturalmente disomogenea, con un finale ottirnistico un po' posticcio, d'una provincialità accomodante (la croce di Capek sono proprio i vizi e le virtù della sua anima di borghese illuminato). Già il successivo romanzo di questo tipo, "La cracatite" (1924) è reso più compatto dalla presenza di un protagonista a tutto tondo, l'inventore del micidiale esplosivo. Ma a entrambi continuiamo a preferire il più inquietante "La guerra delle salamandre" (1936) pubblicato dagli Editori Riuniti nel 1961, dove alla polemica contro la società di massa e le sue industrie e ideologie s'aggiunge la satira di concrete dittature contemporanee.
Bohumil Hrabal è da molti considerato il maggior narratore ceco che scriva (e non senza censure) in Cecoslovacchia. Fu un protagonista della fioritura degli anni '60 ed è un bene che riprenda il suo cammino italiano dopo "lnserzione per una casa in cui non voglio più abitare" (Einaudi, 1968) e "Vuoi vedere Praga d'oro?" (Longanesi, 1973). "Treni strettamente sorvegliati"( 1965), edito da E/O con belle illustrazioni di Ales Jir nek, è la storia della maldestra iniziazione amorosa d'un ragazzo ferroviere e del suo candido sacrificio di sabotatore tra le dissennatezze della guerra. Ma proprio gli aspetti che sembrerebbero più scontati si traducono in schizzi carichi di divertita grazia, in una narrazione sempre in bilico tra la caricatura e la ballata.
Pavel Kohout è uno scrittore in esilio e il romanzo "La carnefice" (1978), proposto dagli Editori Riuniti, non è stato pubblicato in ceco. Il soggetto è feroce: una graziosissima e svampita quindicenne di buona famiglia diventa la prima donna carnefice del mondo, grazie ai corsi di una scuola statale segreta voluta dal colto boia Vlk, il vecchio pigmalione col quale si fidanza dopo la singolare "maturità". L'autore ha consultato tutta la letteratura "boiesca" e sterminatoria universale e la fa discutere dettagliatamente dagli appassionati esperti del libro: non mancano nemmeno gite di studio a camere di tortura medioevali e una visitina ai campi di concentramento nazisti con tanto d'esecuzione (di cani) come passatempo tra nostalgici. La satira implacabile ed ossessiva di Kohout disegna un grottesco vortice di assassini, punizioni e congiure all'interno dei "servizi speciali" del potere, dal quale sempre riemergono, ad onta d'ogni rivolgimento politico, le stesse facce di eminenze grigie, appena un po' più sdentate, mentre i dispensieri di morte si trincerano dietro i loro motti: "Capire il perché non è affare del carnefice" e "Strangulare humanum est". Con questa scrittura che s'incattivisce fino a non distanziarsi più dal gioco macabro con una liberatoria ironia e che trasforma l'energia affabulante in prolissità e assillo, con questa visione assolutamente e irrimediabilmente cupa siamo alle estreme possibilità del romanzo nero boemo.
Questa breve panoramica non ha pretese di completezza. È comunque doveroso citare alrneno ancora due titoli dal catalogo delle edizioni E/ O, attualmente il più ricco in materia di narrativa ceca. "Valeria e la settimana delle meraviglie" è una parodia del genere orrido, molto giocata sul dialogo e risibilmente libidinosa, opera surrealista di Vitezslav Nezval, che resta comunque più interessante come poeta. Le "Leggende praghesi" di Frantisek Langer, drammaturgo e scrittore coetaneo e amico dei fratelli Capek, sono gradevoli e affascinanti storielle della città misteriosa, che hanno per protagonisti i subacquei elfi della Moldava con le loro collezioni di pignatte e le loro pipe, statue intriganti che s'animano nottetempo, un mitico cavaliere decollato che mesce birra alla propria testa senza dissetarsi mai e altre creazioni della fantasia popolare. Nel libro compare una mappa di Praga. Non è inutile: questa cultura labirintica ed etilica dà talvolta alla testa, lascia un senso di sconcerto ed ebbrezza. Ricordiamo allora al lettore un detto di Ladislav Klima: "Tutta la conoscenza è soltanto il ricordo di un ubriaco che si desta: da quale osteria sarò mai stato buttato fuori ieri sera?".

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Conosci l'autore

Jaroslav Hasek

1883, Praga

Jaroslav Hasek nasce a Praga nel 1883. Diventa famoso come autore di racconti umoristici e come giornalista di riviste e quotidiani. Personaggio eccentrico, anarchico, animatore delle osterie praghesi, finisce spesso, con i suoi atteggiamenti bizzarri e provocatori, per dividere i giudizi e le coscienze di una Felix Austria ormai a fine corsa.Partito nel 1915 per la guerra sul fronte galiziano, scompare per sei anni nelle terre russe dove, all'indomani della rivoluzione, si unisce alle fasce più radicali della resistenza ceca filosovietica fino a entrare nell'Armata Rossa.Nel dicembre del 1920 il suo rientro a Praga gli procura non pochi grattacapi, come l'imputazione per bigamia (si era sposato per la seconda volta con una donna russa) e le accuse di propaganda bolscevica e di alto...

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