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L’autore viaggia dentro il mondo del pallone nostrano, affrontando con decisione ed un velo d’ironia i tanti lati oscuri di quest’ultimo periodo. Libro per calciofili che non possono assolutamente prescindere dall’analisi lucida e diretta di Gigi Garanzini, che lascia nel futbolista un sorriso amaro per i modi con cui questo pallone ce lo stanno sgonfiando pian piano.
Ma non è una cosa seria..!Sembra emergere da ogni riga di Gigi Garanzini sul calcio di oggi, dove è bandito il divertimento, dove ogni parola di calciatore, dirigente o addetto ai lavori trova nella grancassa mediatica un'eco ridondante.Lo stile elegante, disincantato, i rimandi storici (Rocco, Bearzot, il Toro)rendono la lettura gradevole e agevole. Ancora più apprezzabile che Garanzini, dopo l'ubriacatura dei primi anni del "Processo" biscardiano, si sia ritirato nell'enclave radiofonica e si neghi alle compagnie di giro che infestano l'etere. La classe non è acqua, d'accordo, ma magari un posticino su SKY in una rubrica notturna dove ci si diverta ancora a parlare di football in modo ironico e leggero?
Ho letto quest'ultima fatica di Gigi Garanzini con il piacere di chi si ritrova con un amico saggio ed acuto che riesce a tradurre in modo scorrevole e sapiente le tue stesse impressioni e sensazioni. Il Garanzini scrittore è il Kakà del giornalismo sportivo, una penna elegante e intelligente che punta dritto alla verità, usando l'ironia così come il fuoriclasse brasiliano usa i suoi cambi di velocità. Entrambe armi vincenti. Una scrittura essenziale e divertente, impreziosità da un'aneddotica quanto mai dissacrante ed arguta. Il linguaggio è schietto e scevro da paraculaggini, per scomodare un francesismo. Lontano anni luce dai mille giornalisti "Rui Costa" che prediligono un gioco in orizzontale e che si perdono in narcisistici ghirigori dialettici, incapaci alla fine di dare un contributo deciso e convinto al crescere di una vera cultura sportiva. Per i veri appassionati dello "sport-calcio", assolutamente imperdibile.
Recensioni
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Continuiamo a chiamarlo calcio, ma non siamo più in grado di dire che cosa sia diventato. Continuiamo meccanicamente a seguirlo alla ricerca delle stesse emozioni che ci ha regalato per anni, ma accade sempre più spesso che sulla gioia e il senso di festa prevalga invece l'amarezza, e a volte persino il lutto. Cerchiamo gli sportivi, gli atleti, i campioni, e scopriamo invece i mestatori, gli affaristi e gli avventurieri. Ne è convinto Gigi Garanzini, firma sportiva di Radio 24 e Sky Sport, che in questo libro traccia la mappa di un mondo che sembra aver perso la sua identità per assumerne un'altra, ancora molto indefinita, ma che di sicuro non gli piace affatto. Un mondo in cui ogni malcostume nazionale pare aver trovato l'espressione più compiuta e definitiva, popolato da "buoni a nulla capaci di tutto" e abbandonato ormai da tempo da ogni residuo spirito di semplicità, dal buon senso, dal gusto del divertimento.
Un libro ricco di aneddoti, storie di vita e di calcio, esperienze raccolte e condivise da Garanzini in quarant'anni di carriera, dove si parla di temi di stretta attualità calcistica ma anche dove riemergono pagine e personaggi mai dimenticati del mondo del pallone. Così l'autore scrive di Zidane contro Materazzi, ma per recuperare la classe e l'eleganza, dentro e fuori dal campo, di Michel Platini; parla di Capello, ma per rivalutare la franca schiettezza, del paròn Nereo Rocco; si sofferma sui salotti calcistico-televisivi di infima qualità, per ricordare il grande Gianni Brera. E se l'incauto presidente della Lega calcio, il giorno dopo l'omicidio dell'ispettore di polizia Filippo Raciti, ha detto che i morti in fondo fanno parte di un grande sistema, Garanzini ci mostra come una simile follia sia soltanto un traguardo volante, non ancora il punto d'arrivo, dal quale sperare in un rimbalzo che dia il via alla risalita.
Dopo un'estate passata a seguire "Moggiopoli", e un inverno trascorso osservando gli stadi abbandonati dalle famiglie e popolati solo da gruppi paramilitari di ultras; dopo aver aspettato scettici l'esito dell'ultimo vertice di governo e aver preso atto che trattasi ormai di una disciplina a porte chiuse, non resta che domandarsi, con l'autore, se ha davvero senso continuare a chiamare "calcio" un gioco che - difficile dire quando e dove - è stato senza dubbio "geneticamente modificato".
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