Al margine

L'apertura del libro, le righe d'inizio centrano già in modo esemplare il cuore del tema. I due rami della marginalità, da un lato l'esser escluso da un preciso orizzonte, da un "centro" che è forse il nervo pulsante dei fatti primari e della storia che conta (ma chi determina che lo sia?); dall'altra il sentire quei margini come la verità più altamente unica e segreta che dimora in fondo alle nostre essenze, e difenderla senza remore contro ogni rozza visione opposta. Gli sfondi in cui l'autore poi penetra possono perdersi in corsi e affluenti senza fine, dalle tracce politiche dei nazionalismi più spinti al grido di una povertà che è sul serio cacciata dalla vita. La corda scientifica sa comunque annodare il cappio letterario con splendidi rifermenti a Sterne o a Cervantes, a Tasso, Pasolini, nel basilare richiamo alla cattiva infinità, già tarlo dei greci, che deve per forza rarefarsi a un dominio della ragione, ridursi quindi, racchiudersi, ma almeno intuibilmente avvicinarsi ad un azzardo di volto. Studio raffinato e originale su un tema stridente e necessario, il bordo che identifica il flusso, che lo blocca, lo calma, lo definisce. O il contrario?