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Acque strette - Julien Gracq - copertina
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Acque strette

Descrizione


La vicenda narrata in questo libro è semplice: un'escursione in barca sull'Èvre, piccolo fiume che si getta nella Loira

«Una lezione di poetica, senza averne l'aria.»François Bon

«Sulle barche che tornavano da Coulènes ho spesso udito cantare; proprio come l’acqua che scivola liscia sulla cresta della diga, ciò che si sfogava in quel canto era una sorta di tranquilla eccedenza; niente più di quanto può pacificamente traboccare dopo essersi riempiti di una giornata senza nubi.»

Paesaggi, campi, scogliere, boschi, ginestre accompagnano un tragitto familiare, ripetuto nelle diverse stagioni della vita, che qui trascende in viaggio iniziatico nel cuore stesso della creazione letteraria. E a pelo d'acqua si attiva la memoria, si accendono fantasticherie associative che collegano in un'unica costellazione i diversi astri del personale firmamento artistico di Gracq: il profilo di un castello sulla riva richiama alcuni versi di Nerval, e su quelli si innerva un immaginario poetico in un magistrale mescolarsi di ricordo e percezione, esperienza e chimere. Sono pagine esigenti, che subito ripagano con l'ineffabile bellezza di un tramonto dopo un giorno di pioggia, di un odore terroso, di un vento d'aprile. La prosa vi scorre sinuosa, ora limpida ora più torbida, sempre incantatoria come le acque dell'amato Èvre. Forse mai quanto in questa densissima rêverie il grande scrittore francese si è rivelato così compattamente pervaso dalla sua caratteristica ispirazione, in grado di fermare il tempo con la limpida forza dello stile.
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Dettagli

2018
18 ottobre 2018
73 p., ill. , Brossura
9788899793579

Valutazioni e recensioni

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hatos95
Recensioni: 4/5

Nella prosa di Julien Gracq tutto è perpetua, corposa sospensione letteraria. La lingua, pagina dopo pagina, riga dopo riga, non lascia mai la presa: accompagna lo svolgersi della vicenda, che, come nella Riva delle Sirti, è minima, e dopo tutto, secondaria. La descrizione che viene fatta del corso del fiume e di ciò che lo circonda è nitida, e segue l’andare della barca minuto per minuto. L’autore dipinge Notre Dame du Marillais, il Castello della Guérinière, la Fattoria la Jolivière e tutto ciò che i suoi occhi incontrano, ed il lettore ruoterà il capo per provare a scorgerli lui stesso. Essendo la descrizione tanto minuziosa quanto intrisa di soggettività al lettore potrà sembrare di star contemplando un quadro di Camille Pisarro, dimenticandosi della carta e del libro, è talmente evocativo che si ha l'impressione di restare sospesi tra il mondo onirico dove corsi svolgono le loro intese spirituale e quello reale dove la freschezza delle acque ha la capacità di rigenerarci passo per passo. Consiglio di leggerlo a chiunque abbia voglia di un sano bagno, di profusione limpida in una prosa che sembra sfuggire anche a sé stessa.

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alida airaghi
Recensioni: 5/5

“Acque strette” è il resoconto di un’escursione in barca sull’Evre, affluente della Loira. Una gita priva di avvenimenti o novità esteriori, che l’autore ha più volte ripetuto nel corso degli anni, senza attendersi particolari sorprese o rivelazioni, ma abbandonandosi sempre al piacere gratuito delle associazioni mentali, delle fantasticherie, delle memorie letterarie. Non un viaggio iniziatico, non la scoperta dell’ignoto o la sfida ai propri limiti materiali: piuttosto un dialogo sommesso con l’interiorità, il recupero visionario di ricordi e sensazioni legate al passato e innescate da rievocazioni di pagine amate. In una prosa elegante e sinuosa, a tratti compiaciuta di sé, quasi l’autore amasse ascoltare la propria voce confusa con lo sciacquio delle acque, siamo invitati ad abbandonarci alla sua sapiente guida in territori più familiari che esotici. La narrazione della placida navigazione sul fiume riattiva in Gracq, come la madeleine proustiana, odori e sapori adolescenziali, e immagini di scampagnate domenicali in compagnia di vocianti coetanei, tra gli argini verdeggianti di frassini, pioppi, castagni e salici. L’esperienza estetica vissuta nel viaggio acquatico assume sfumature quasi di estasi mistica, attraverso l’immersione a volte lucente a volte tenebrosa nel silenzio, nella solitudine, nei colori della natura intorno, quasi il tempo sospendesse la sua corsa inclemente. Il vagare della mente e della memoria in assoluta libertà associativa predispone un’emozionante esperienza affettiva, quando si sofferma su visi e parole amate, e sui versi, le descrizioni e le musiche che hanno nutrito le “costellazioni fisse” della formazione dell’autore: Nerval, Rimbaud, Balzac, Poe, Valery, Wagner, astri numinosi del suo percorso artistico. Un plauso agli editori de L’orma, che ci regalano libri importanti e sapientemente curati, belli tutti, dalle copertine alla grafica, e un elogio alla traduzione sensibile e intelligente di Lorenzo Flabbi.

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Julien Gracq

1910, Saint-Florent-le-Vieil

(Saint-Florent-le-Vieil, Maine-et-Loire, 1910 - Angers, Maine-et-Loire, 2007) scrittore francese. Influenzato, dapprima, dal surrealismo (Nel castello d’Argol 1938), si è affermato nel dopoguerra con una narrativa in cui l’eredità surrealista si risolve in una scrittura di grande originalità, poetica, simbolica, metafisica, densa di riferimenti culturali estranei alle ideologie più diffuse del tempo. Da Un bel tenebroso (1945) a La riva delle Sirti (1951) a Una finestra sul bosco (1958), ai testi raccolti in La penisola (1970), la narrativa di G. racconta sempre, in una prosa rigorosa e insieme di fastosa eleganza metaforica, un’unica storia di solitudine, di morte, di attesa e di rinuncia iniziatica. Del 1976 è l’autobiografica cronaca...

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