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Recensioni A schiovere. Vocabolario napoletano di effetti personali

Recensioni: 5/5
Chiamarlo vocabolario è davvero poco, perché in queste 101 voci di dialetto napoletano Erri De Luca innesta la cultura e la storia di un’intera città e dei suoi abitanti, con la penna e lo sguardo che invece sono solo suoi. Lo fa liberamente, muovendosi da una parola all’altra in maniera apparentemente casuale – “a schiovere”, come si dice a Napoli, a vanvera –, eppure tutto si tiene perché quelle parole si fanno racconti. Così la voce “Maruzze” (lumache) dà il la per una pagina sull’arte di scherzare con la fame e la miseria di Totò e Eduardo De Filippo; l’“Artéteca” (esuberanza) ci fa sentire la densità umana e “l’aria ispessita” di Napoli; una parola rara del dialetto, “Sbafantiello”, rievoca la canzone ’O guarracino, e sembra quasi di sentirla nelle orecchie, questa canzone celeberrima e anonima, come se l’autore fosse il popolo napole-tano tutto. Proprio come era stato, ricorda De Luca alla voce “Iamm’”, per Le quattro giornate di Napoli, il film di Nanni Loy sull’insurrezione popolare che cacciò i nazisti alla fine del settembre del 1943, dove mancano i titoli di coda con i nomi degli attori, proprio a significare che la rivolta era stata anonima e di popolo: “Il grido Iamm’ sulle barricate e altrove non ha bisogno di aggiungere nomi”. A ciò si uniscono i ricordi dell’autore, come la volta in cui suo padre riuscì a pescare “un purpo” e nel mostrarlo a sua madre l’animale le imbrattò d’inchiostro il costume nuovo... il padre, “conoscendola, si dette alla fuga senza neanche supplicare una scusa. E il po-lipo approfittò della crisi coniugale per rientrare in acqua”. Ad accompagnare le parole e i racconti, usciti sull’omonima rubrica settimanale del “Corriere del Mezzo-giorno”, i disegni al tratto di Andrea Serio. Un regalo per i napoletani e per tutti, perché Napoli è un ombelico della terra, nodo di nascita e di separazione da un vulcano. )
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