A sangue freddo

Capote si perde in troppe descrizioni e lungaggini. Ogni capitolo è verbosamente lungo e, talvolta, si perde la pazienza. Ma... È un reportage minuzioso, scritto in maniera certosina. Le descrizioni dell'ultimo giorno di vita dei Clutter fanno provare empatia per queste vite spezzate e ben amate nella comunità. Si fanno strada, poi, le figure degli assassini e, per quanto, possa dispiacere, quanto hanno vissuto, non si riesce ad avvertire alcun moto di empatia, ciò che è male rimane sempre male. Il sollievo arriva alla fine, quando ciò che in terra chiamiamo giustizia è fatta. L'immagine finale di uno degli agenti del kbi e di Susan, l'amica di Nancy, è pregna di dolcezza. È bello sapere che c'è qualcuno che non si dimentica di chi un tempo c'è stato e della sua importanza.

Leggete questo libro nell'ottima traduzione fornita dalla Garzanti. Capote riesce a fornire al lettore non solo i dettagli di un agghiacciante fatto di cronaca ma anche un'accurata analisi dei criminali che hanno messo in atto il massacro oggetto appunto della vicenda raccontata in questo romanzo e senza pregiudizi ma solo spinto dal voler fornire una dettagliata analisi sulla vicenda e lasciare poi al lettore le sue conclusioni. ne uscirete amareggiati e sicuramente scossi dopo aver letto di un crimine talmente efferato ma se amate entrare nella psiche umana , questo libro fa per voi, farete un viaggio infernale nella psiche di questi assassini insieme a Capote e alla sua amica Harper Lee e vedrete così come è nato il genere "non fiction".

Le aspettative erano alte per via di vari solleciti e consigli nel leggerlo. Probabilmente mi aspettavo un libro diverso che s’incentrasse sulla vicenda di cronaca nera, invece il fulcro del libro è la psicologia dei personaggi. Risultando a mio parere molto noioso. Senza acuti di nessun genere. Nonostante tutto la scritta è molto ben eseguita.