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A cosa stai pensando - Marco Lazzarotto - copertina
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A cosa stai pensando

Descrizione


Michele Barbieri non prende sul serio niente e nessuno. In ufficio è circondato da colleghi invidiosi e malevoli; Sandra, la sua compagna, blogger totalmente assorbita dal suo lavoro, ha scelto il nome della loro bambina tramite un sondaggio sui social. I due, più che amarsi, si prendono cura della figlia in un clima freddo e teso. Un giorno Michele rischia di essere travolto da un’auto sulle strisce pedonali. Non succede nulla, ma lui reagisce scagliando contro la vettura un sampietrino trovato lì per terra. Poi fugge, ignaro delle conseguenze del suo gesto. Tornato a casa, scopre che un “pazzo”, in centro, ha scagliato un cubetto di porfido contro un’anziana signora, ferendola in modo grave. Qualcuno ha documentato la scena su un post che è diventato virale. Michele decide di continuare la sua vita come se nulla fosse successo. Ma non è facile: non può fare a meno di interrogarsi su se stesso; flirta con Morgana, scrive per sapere se l’ha riconosciuto; cambia il proprio look… E proprio quando smette di comportarsi da brava persona, la sua vita pare volgere al meglio.
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Dettagli

2019
29 ottobre 2019
216 p., Brossura
9788833860572

Voce della critica

Vita reale, vita mediata dai social: dove sta la verità? È questa la domanda al centro del nuovo romanzo di Marco Lazzarotto, A cosa stai pensando (216 pagine, 17 euro), edito dalla torinese Miraggi. E a Torino è ambientata questa storia intessuta di sarcasmo e abitata da una dimensione quasi surreale della vita umana ai tempi di Facebook e della scrittura digitale. A cosa stai pensando? chiede quotidianamente Facebook, scatenando un carosello delle apparenze dove quel che sembra impazza tra schermi e chat, fino al parossismo, fino all’idea di rivelare i veri se stessi, i propri pensieri più intimi e fragili, a voci aleatorie, forse inesistenti.

C’è un episodio scatenante nell’avvio di questo romanzo, e riguarda Michele, il protagonista, di professione grafico in una casa editrice. Irritato da una Panda che gli ha tagliato la strada da pedone, senza apparente spiegazione se non un improvviso attacco di cieca rabbia, Michele scaglia in aria un sampietrino raccolto da terra, e corre via. Non sa di aver colpito e mandato in coma una turista inglese, e lo scoprirà solo rientrato a casa quando la compagna, Sandra, lo aggiornerà sulla notizia del giorno che sta facendo il giro dei social. Nella paura, nella confusione, decidere di tacere la verità.

Si stacca dunque qui la vita reale di Michele da quella che si alimenta di commenti, dicerie e immaginari nella narrazione digitale sui social, diventata virale perché legata a un atto di violenza mostruosa e vile.

Legittimo, per il protagonista, cadere in una voragine in cui, fingendo una vita normale, tranquilla, simulando una routine come se niente fosse accaduto, tutto sembra procedere come sempre. Decide però, per non essere riconosciuto, di tagliare barba e capelli. Un cambiamento che impatta sui colleghi, sulla compagna, ma soprattutto sulla figlia piccola, che non riconosce più il padre e lo rifiuta, proprio come se sapesse di quali mostruosità e vigliaccherie è responsabile il genitore.

È stato solo un episodio? Certo, la volontà di Michele non era quella di colpire e ferire, ma il dubbio lo tormenta, è un rovello che lo insidia come un virus, spingendolo ad allontanarsi sempre più dalla realtà. Inizia la simulazione, dentro cui Michele precipita come in un lago oscuro, dove già sembrano nuotare agilmente Sandra e altri personaggi della storia, per esempio il collega Crapanzano.

Sandra, la compagna di Michele, è una blogger, aspirante scrittrice e madre della piccola Ciù. Si scoprirà poi l’origine dell’insolito nome della figlia, legato a un episodio che ha del surreale, direzione sulla quale del resto Lazzarotto spinge appositamente nella volontà di forzare la mano sui temi chiave del romanzo, lo strapotere del web e la costruzione delle identità. Michele percepisce, e non sa dire però, l’alienazione della sua compagna rispetto alla vita reale: tutto, per Sandra, si svolge tra lo schermo e la tastiera, tanto da trascurare la casa e gli affetti, tanto da alimentare verità secondarie, che non hanno radici nella realtà.

Michele, che pure la ama, ne è implicitamente spaventato: teme di essere scoperto, ma paga un allontanamento che è speculare, suo e di Sandra. Il dialogo naturale tra i due si fa difficile, e prende vita soltanto dentro al filtro digitale, in una sorta di raddoppio identitario per cui le facce concrete non trovano spazio di dialogo, quelle autentiche, ma nascoste, intessono conversazioni profonde dietro schermi

Facebook: faccialibro, letteralmente. In questo mondo distopico e grottesco dove la realtà tende a sparire, gonfiando fenomeni che sfiorano la fake news e confondendo i piani di realtà, Michele non perde la propria lucidità di analisi. Percepisce, intrappolato come si trova nel mondo parallelo delle false verità, che il web è una sorta di gigantesca macchina per perdere tempo, ed è attaccato dall’ansia incentrata sul vuoto di questo universo, dalla ossessiva ricerca del mi piace come conferma identitaria.

Dare infatti una certa idea di sé è lo scopo di tutti i personaggi di questo romanzo: costruirla, fasulla magari, distante dal vero, riflessa in un prisma sfaccettato. È il potere di azione dei social sulla vita, il gioco di apparenze dell’era digitale: Lazzarotto lo pone al centro del suo lavoro e tra sospetti, ricerche, domande e mancante trasparenze trova un curioso antesignano. È il Theatrum Sabaudiae, un antico testo che svetta nel suo ufficio: «era come se i Savoia avessero voluto dare una certa idea di Torino – spiega infatti – una città progettata, pensata o anche soltanto desiderata. Cioè, in altre parole, i Savoia usavano il Theatrum come un profilo Facebook. Per offrire agli altri l’immagine migliore che avevano di se stessi. Noi degli anni Dieci del Ventesimo secolo non stavamo facendo niente di nuovo».

Recensione di Alessandra Chiappori

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