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Come e quanto ci cambia la tecnologia? Quanto e come incide sulle relazioni interpersonali? Siamo sempre al cellulare, ma abbiamo più o meno cose da dirci? La comunicazione in tempo reale favorisce o toglie spazio alla riflessione e alla rielaborazione di idee e sentimenti? Sono i temi e gli interrogativi che ci pone Vittorino Andreoli in questo suo nuovo saggio sulla vita digitale, ovvero quel modello di esistenza tecnologica e ultraveloce al quale quasi tutti ormai ci siamo abituati, ben rappresentato dal telefonino cellulare, ma anche da un certo abuso di internet e della televisione.
Lo psichiatra veronese è convinto che "la vita digitale non deve divorare i legami" umani, fagocitandoli dentro schermi, sms, mms e microchip e sostiene che si debba combattere la "dipendenza digitale" di molti ragazzi perché rischiano di perdere il contatto con le relazioni umane e di chiudersi in una sorta di "autismo digitale". Tutto parte dalla "memoria delegata alla macchina e già per questo si diventa smemorati"; a questo primo errore fa seguito, secondo Andreoli, la rinuncia alla razionalità, ad applicare la logica e a verificare i fenomeni vissuti e i problemi secondo i principi che la reggono. "Senza logica, l'Io, si sposta nel telefonino, in un onnipotente dio digitale". Ecco ciò che rischia di trasformare l'uomo in protesi della tecnologia e non più in suo protagonista.
Fuori dei piccoli schermi, c'è la vita delle emozioni, fatta di gioia, di pianti, di sudore e di fatica, intrisa di dubbi e di tentativi di risolverli. Ma quella è ancora la vita umana? Andreoli scrive perché la digital life venga inserita nella human life e perché tutti, giovani e adulti, si responsabilizzino nell'uso delle nuove tecnologie. Il timore dello psichiatra è che questa società non si domandi più nulla, ma chieda solo e sempre alla tecnologia di sollevarsi dai compiti che prima l'uomo svolgeva direttamente. Uno scenario preoccupante sul quale influisce, per ammissione stessa di Andreoli, la non più giovane età dell'autore, ma che insegna anche l'equilibrio del saper sia apprezzare, che criticare, le nuove realtà digitali.
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