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Le inutili vergogne - Eduardo Savarese - copertina
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inutili vergogne

Descrizione


Eduardo Savarese, dopo "Non passare per il sangue", torna con un altro romanzo: "Le inutili vergogne". Benedetto, Nunziatina, zia Gilda, padre Vittorio sono i personaggi forti della trama incalzante che li accerchia e li fa misurare con l'ossessione del sesso e del peccato, l'esaltazione dell'amore, i corpi di maschi, femmine e trans, la presenza incombente di Dio. Savarese scandaglia e declina le diversità dell'amore raccontando vite che apparentemente hanno fallito perché l'amore lo hanno perduto. Ma la possibilità di redenzione rimane quando alla durezza del cuore si oppone un cuore capace invece di ardere e sciogliersi.
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Dettagli

E/O
2014
7 maggio 2014
233 p., Brossura
9788866324775

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 1/5
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Stefania
Recensioni: 1/5

Mi dispiace sempre dare un giudizio fortemente negativo su un libro ma non so neanche come ho fatto ad arrivare alla fine. Avevo grandi aspettative su questo romanzo perché mi è stato consigliato in libreria e sapevo che il precedente di Savarese era stato molto buono. Io questo proprio non lo consiglierei.... Non conosco le intenzioni dell'autore, magari voleva esprimere quanto fosse inutile vivere con il senso di colpa per la propria omosessualità e quindi nasconderla.... in un mondo dove chi giudica spesso ha parecchie altre cose di cui vergognarsi. Però questo libro scade proprio nel ridicolo... descrive gli omosessuali come delle macchiette depravate, che si prostituiscono, che raccolgono notti di sesso occasionale su internet, che hanno un rapporto morboso con la religione da cui si sentono giudicati e perseguitati. No.... proprio no!

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cristina
Recensioni: 1/5

Animato probabilmente da tante buone intenzioni, questo romanzo non riesce in niente: non a far commuovere né sorridere, non a far riflettere né indignare, non a denunciare né intrattenere con leggerezza. La trama è inesistente, i personaggi sono tutti macchiette e non fanno che alimentare a mio avviso i peggiori stereotipi negativi sul mondo gay e trans. Nessuno di loro riesce non dico a entrare nell'anima ma nemmeno a suscitare un po' di empatia. Siamo dalle parti di Almodovar prima maniera, con l'ideale ispirazione a Ozpetek, ma Savarese non riesce a fare né l'uno né l'altro. Vi ho intuito addirittura il tentativo di ricalcare il capolavoro della Mazzantini, "Splendore", ma nel confronto pur solo accennato il romanzo di Savarese ne esce sicuramente a pezzi, ridicolizzato. Nessun plauso nemmeno allo stile letterario, troppo ricercato e metaforico, ridondante forse proprio per sopperire ad una mancanza di azione nella trama. Aggiungo con tristezza che persino la postfazione del tal prete non ha fatto che peggiorare in me la già pessima considerazione di questo romanzo.

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Giuliano Zocca
Recensioni: 1/5

una vicenda sconclusionata, percorsa da un forte senso di colpa verso una religione puramente di forma e attraversta da una forte omofobia introsapettiva; scritto male con un uso dei sinomini (vedi il francese o lo straniero) degno di un temino delle elementari. ma dove è finito l'autore di "non passare per il sangue".

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Voce della critica

  È tratto tipico dei percorsi di salvazione, o più laicamente, di conoscenza profonda del sé, annunciarsi in modi bizzarri. Nel "piccolo presente tranquillizzante" del ginecologo napoletano Benedetto de Notaris, abile intreccio di dedizione professionale, di rispettosi legami familiari, di benessere borghese e di una spregiudicata vita sessuale lontana da qualunque complicazione affettiva, irrompono presto note distoniche dalle imprevedibili conseguenze. L'incontro con Nunziatina, "la persona" accolta nel Centro Giuditta (rifugio per donne a rischio dove Benedetto offre da venticinque anni la sua opera gratuita), con la sua impossibile gravidanza nel magnifico corpo ermafrodito da "gigantessa", è il primo segno di un turbamento e di una inquietudine che non daranno scampo al protagonista del romanzo, in una progressione incalzante cui concorrono tutti (o quasi) gli altri personaggi. L'arrivo di Jean-André nella bella villa della famiglia de Notaris (che con il suo giardino e la sua eleganza si configura come una sorta di fascinoso hortus conclusus), prossimo sposo della nipote Chiarina e incarnazione agli occhi incantati di Benedetto del "maschio perfetto", è una seconda epifania carica di senso. Simile al pasoliniano Ospite di Teorema, il bel francese, con lo charme e la spavalderia "di chi non soffre nella sua carne la sottrazione dell'amore" avrà una funzione di rilievo nel rutilante procedere degli eventi e nel conclusivo "principio incongruo di gioia profonda" che suggellerà il processo di coscienza di Benedetto. Disposte alcune pedine sulla scacchiera del racconto, Eduardo Savarese abilmente inframmezza al tempo contemporaneo, il tempo altro della memoria e del passato incarnato da due personaggi cruciali: zia Gilda e il giovane Gaetano, primo (e unico) grande amore nella vita del protagonista. Nel diario di zia Gilda, ancora ignoto al nipote che ne entrerà in possesso in modo fortunoso soltanto nelle ultime pagine del romanzo, il lettore non tarda a individuare la chiave interpretativa dell'intera vicenda. Lo sguardo saggio e visionario di questa signora "mezza matta" scomparsa già da trent'anni, che nella sua solitudine mistica scrive senza soluzione di continuità di infelicità coniugali e di felicità amorose, della sua appassionata unione con un Cristo che porta scandalo e della commovente sensibilità avvertita nel nipote ancora bambino, ci avvicina senza reticenze all'essenza delle cose e al difficile cammino di quelle creature "destinate a sfuggire alla norma. Come me, come Ottavio, come Benedetto". Al polo opposto di una religiosità convenzionale e rinunciataria, zia Gilda esorta a vivere nella sincerità della propria coscienza: "bisogna bandire le inutili vergogne, bisogna mangiare il frutto e poi metterlo da parte". Verità coraggiosa che Benedetto ha negato nel suo pur splendido incontro (sul cammino fortemente simbolico di Santiago di Compostela) con il ragazzo Gaetano di Somma Vesuviana, Gaetano "che non studia ma disegna bene, benissimo", cui Benedetto ha pavidamente riservato "le Parole di Vita mai pronunciate". Tra le più felici anche stilisticamente per il nitore del timbro lirico, le pagine dedicate a questo amore perduto sono il controcanto doloroso all'insoddisfazione inquieta del protagonista, alla sua condizione di cinquantenne impaurito e al contempo incalzato dalla necessità del cambiamento. In una sarabanda di eventi che si inscrivono nella tradizione visionaria di tanta narrativa partenopea (lo specchio nella camera di Benedetto abitato da "visioni mistiche", l'evidenza drammatica dei sogni e dei ricordi che rendono di fatto vano "il confine tra la comunità dei vivi e la comunità dei morti"), il destino di Benedetto volge al suo compimento. Saranno Nunziatina e Jean-André ad offrire a questo proposito il contributo definitivo. La "gigantessa" con la sua stupefacente capacità di meravigliarsi e di compiere gesti liberatori e brutalmente efficaci (esemplare la scena in cui Nunziatina in preda all'ira distrugge gran parte della preziosa collezione delle Barbie cui Benedetto dedica tempo e cure in una sorta di perversa abitudine), e in secondo luogo l'Ospite, che in una curiosa serata di addio al celibato accompagna al teatro San Carlo lo zio acquisito (e all'indomani testimone di nozze), per la rappresentazione della Lucia di Lammermoor. La follia di Lucia, la sposa tragica che irrompe insanguinata sulla scena per l'omicidio appena consumato contro il novello sposo, è il teatrale anticipo di quanto accadrà il giorno dopo, nella chiesa addobbata per le nozze. Dopo il fatale ingresso di Benedetto en travesti, "sposa magnifica" che in falsetto canta Il dolce suono, l'immortale aria di Donizetti, nulla potrà più essere come prima. Benedetto finalmente sceglie: di vincere la paura, "di essere come si è, fino in fondo, di sentirsi alleggeriti dalla schiavitù del giudizio (...), della ridicola e ipocrita colpevolizzazione". Nell'explicit Eduardo Savarese ricompone i colori forti del melodramma (volutamente) un po' grottesco nelle più stemperate tonalità del pastello: Nunziatina e Benedetto incontrano Gaetano nella clinica trentina per malattie mentali dove il ragazzo di Somma Vesuviana è ricoverato da tempo. La stanza di Gaetano, tappezzata da magnifiche tele dipinte dalle sua abili dita ("Ali di angeli, soltanto ali di angeli con ammassi e variazioni di colori magnifici"), avvolge i personaggi nella sua "brezza tiepida" e li dissolve in un'atmosfera pacificata e sospesa. Una conclusione che un po' sorprende, che tuttavia ci indica, dopo tanto dolore, il desiderio, se non la via, per una nuova speranza. Con Le inutili vergogne, Eduardo Savarese, segnalato dalla Giuria della ventitreesima edizione del Premio Calvino per L'amore assente, titolo poi trasformato in Non passare per il sangue (e/o 2012), è approdato dunque, superandola, alla sua seconda prova.   Francesca Pilato

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Conosci l'autore

Eduardo Savarese

1979, Napoli

Magistrato e studioso di diritto internazionale, vive a Napoli. Ha pubblicato il racconto "Cicatrici" nella raccolta "La città difficile" (Ippogrifo, 2006), "Ostie consacrate" nella taccolta "Fughe ed altri racconti" (Giulio Perrone, 2009), e "Il rumore dei tacchi" nella raccolta "Un tappo nelle nuvole ed altri racconti" (AMP, 2007), con il quale è stato finalista al premio Arturo Loria 2007. Tiene corsi di scrittura creativa per diversamente abili presso l'associazione ONLUS A Ruota Libera. Frutto della passione per l'opera e della ricerca identitaria è il saggio dedicato al travestitismo nell'opera lirica contenuto nella raccolta "In scena en travesti. Viaggio nel mondo del travestitismo nell'arte" (Croce, 2009). Nel 2010 è stato finalista al premio Italo Calvino,...

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