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È la storia, narrata con spontaneità e crudezza da un anonimo scrittore, anch'esso parte della finzione letteraria, di una ragazza del sertão dell' Alagoas, una semplice dattilografa trapiantata a Rio de Janeiro. Macabéa è magra, denutrita, priva di ideali ma innocente come un giovane animale. È vergine, ama la coca cola e, "incompetente" com'è nelle cose della vita, finisce per innamorarsi di un operaio metallurgico che, per una sua personale follia quotidiana, ruba in fabbrica gli orologi dei colleghi e sogna di diventare deputato. Macabéa non rappresenta nulla per Olimpico (questo il nome del protagonista maschile): per lei il fato ha decretato non l'amore ma la morte, che, annunciata già da una cartomante, giunge attraverso un incidente stradale. Ecco, è scoccata l'ora finale, "l'ora della gloria", in cui anche una nullità come Macabéa può trasformarsi in "una smagliante stella del cinema" al pari di Marilyn Monroe.
L'intreccio del romanzo è racchiuso in questa breve parentesi di vita qualunque; ma chi ama le storie di Clarice Lispector non potrà non assaporare queste pagine, e in modo del tutto speciale, perché in esse l'autrice ha forse raggiunto quella "grandezza" che precede l'arrivo della fine di una vita (la sua stessa vita...) e che somiglia, come è detto nelle righe finali della vicenda, all' "imminenza che c'è nelle campane lì lì per oscillare".
Questo romanzo, pubblicato nel 1977, lo stesso anno della morte di Clarice Lispector, è considerato ii testamento spirìtuale della grande scrittrice brasiliana.
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L'ORA DELLA STELLA L'io narrante corrisponde ad uno scrittore un po' annoiato. E’ interessante scoprire come si possa non aver alcuna voglia di scrivere un libro ma esserci spinti dalla storia, dai personaggi, che, seppur inventati, sono del tutto reali dentro l'autore. La descrizione dell' ingenuità dei protagonisti, dell'ignoranza, delle meschinità, è strepitosa. Non si può non restarne coinvolti e quindi ridere di loro, sbeffeggiandoli anche per la stoltezza e il cattivo gusto, pur provandone un'assoluta pietà. E questo credo sia possibile perché Lispector racconta una storia dura e triste, ma senza utilizzare un tono melenso. Semplicemente lei registra i fatti, consegnandoceli così come sono, senza interferire, senza giudicare o spiegare. Racconta una storia restandone tranquillamente al di fuori. L'ora della stella corrisponde al momento in cui la protagonista muore, in un incidente stradale (anche lei!). Il guidatore scappa (come ne "Il segreto") e una vita, che forse stava proprio in quell'istante per sbocciare ad una realtà finalmente avvicinabile, in qualche modo più comprensibile, viene bruscamente interrotta. Non c'è spiegazione a tale ingiustizia perché il libro è assolutamente realistico e dunque non può offrire consolazioni.
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